“Queste invasioni di palloncini sono metafore. Il loro scopo è quello di cambiare il modo in cui noi vediamo le cose accanto alle quali viviamo tutti i giorni, senza notarle realmente”. Charles Pétillon
Charles Pétillon, è un artista e fotografo francese il quale ha fatto dei palloncini bianchi, assemblati variamente in nugoli di bolle, la propria cifra stilistica. Vediamo questo candido e dinamico conglomerato apparire come d’incanto in grandi spazi architettonici, paesaggi naturali e in piccoli quartieri, o fuoriuscire da un garage, dalle finestre di una casa dismessa, da una vecchia automobile quasi fosse un’estensione di quell’oggetto. Si andrà allora ad interrogarsi sul significato di queste istallazioni, per poi scoprire che proprio in questa ricerca risiede il fine ultimo perseguito dall’artista: invadere lo spazio quotidiano tramite l’inaspettato per risvegliare in noi la curiosità. Spingerci ad osservare un posto qualunque con occhi diversi. Le Invasions dei palloni – come spiega Pètillon – sono metafore, in grado di risemantizzare, cioè conferire una nuova funzione e un nuovo significato ai luoghi o agli oggetti con i quali interagiscono. Lo scopo è quello di colpire l’attenzione dell’osservatore distratto, invitandolo ad osservare veramente tutto ciò che ogni giorno lo circonda ma che non è più in grado di apprezzare, affaccendato com’è dai troppi impegni della vita, con la testa abbassata sullo smarthphone. È il nostro sguardo sul mondo che necessita di essere ravvivato, permettendo di passare da una percezione “pratica” veloce e disinteressata della realtà ad una “emozione visuale” vissuta pienamente nel tempo, come quella suscitata da Heartbeat (2015), una delle più grandi installazioni site-specific realizzate dall’artista. Nel 2015 il Covent Garden Hall di Londra è stato invaso 100.000 palloncini bianchi a formare una gigantesca ma fragile corrente luminosa fluttuante. Il candore e la lieve sospensione dei palloncini si intrecciavano inesorabilmente con l’energia vitale del mercato sottostante, pullulante di voci, di pensieri e di ricordi delle presenze umane che si avvicendavano. Sono anzitutto il colore bianco e la fragilità materica dell’istallazione a catturare l’interesse dello spettatore. Il bianco rimanda alla dimensione sospesa del tempo, al silenzio e alla riflessione, in contrasto con la velocità del transeunte. L’evento artistico diventa poi un’occasione per soffermarsi ad osservare – azione sempre più rara nel ritmo incalzante della routine – la bellezza collaterale dei paesaggi di ogni giorno, trasformati ora in luoghi magici e surreali, stranianti dove perdere e ritrovare se stessi. Ed ecco che al godimento puramente estetico, dallo stato di meraviglia “estatica”, si passerà poi ad un livello più approfondito, quello fatto di emozioni e dai ricordi evocati (Souvenirs de Famille, 2011). Di certo il senso del mistero e la dimensione onirica sono anch’esse al centro dell’opera dell’artista francese, come in Mutation 1 e 2 o in Rimbabelle 2 (2013). È proprio la rottura del normale trascorrere degli eventi a renderci interessante l’oggetto che abbiamo di fronte. La meraviglia sorge nel momento in cui un fatto non è più dato per ovvio e perciò eccita i nostri sensi, ci spinge ad osservarlo, a porci degli interrogativi e a vincere l’apatia con l’aporia. Ridestare il senso di meraviglia assopito in noi è un po’ come tornare bambini. Da qui l’utilizzo di palloncini da parte di Pétillon, oggetto universalmente comprensibile, simbolo dell’innocenza e spensieratezza dei fanciulli, basti citare Banksy e la sua Bambina col Palloncino (2002). Nonostante le istallazioni ricordino quelle dell’artista e performer americana Geronimo, le realizzazioni di Pètillon si distinguono per l’utilizzo esclusivo di palloncini in latex di colore bianco e per la valenza simbolica che instaurano con il contesto in cui vanno ad insistere modificandolo, riallacciandosi in questo senso alle ricerche della Land Art. Charles Pétillon, che ha iniziato la sua carriera al fianco del rinomato fotografo Jean Larivière, ha deciso di eternare le proprie istallazioni, di per sè effimere soggette al calore e agli agenti atmosferici, tramite la fotografia d’arte, l’unico medium in grado di lasciare traccia delle proprie emozioni visuali.
Linda Cioni