Words have the power to both destroy and heal.
When words are both true and kind,
they can change our world.
Gautama Buddha
A livello artistico, Rapetti Mogol trasporta la percezione, il messaggio e la forma di una canzone in momenti atti a definire struttura e contenuto.
Se attraverso la pittura nasce la scrittura, viceversa il linguaggio vive in nuove forme rette da vive e puntuali intense connessioni.
L’iter espressivo si articola in simbologie segniche che, da una base cromatica informale o monocroma, creano pura riflessione.
Nasce, dunque, una pittura intellettiva che ha lo scopo di unire ogni situazione all’interno della quale la memoria ha vissuto, sta delineando e andrà a determinare.
Lungi da una visione luciferina (José Saramago) e da una rocciosa (Carlo Levi), Rapetti Mogol apre una sensibilità ulteriore nell’essere umano grazie alla parola dalla quale il modo di esprimersi, avvertito nelle sue opere, crea sensorialmente dialoghi e ascolti ulteriori.
L’artista non pone barriere, bensì libera sinergicamente le vie della nostra mente, permettendo alla sua fraseologia, nell’essere visivamente criptica, di svelarsi in un bidirezionale ascolto.
Il contenuto non è imposto, ma si apre in perenni stati d’animo, che noi stessi evochiamo, per una forma traslata dall’arcana atmosfera amanuense. Lungi dalla mera trascrizione, il maestro stabilisce onirici istanti per inesauribili cogitazioni, permettendo alle sue opere d’interagire nell’architettura fra silenzi metafisici, per contemplare un quid superiore alle nostre percezioni.
Flussi simbolici si alternano dunque in nuance cromatiche delicate, per emozioni tonali sospese in un senso d’indeterminatezza, diviso tra il compiuto e il futuribile realizzarsi.
Nei confini di lettura e riflessione, Rapetti Mogol convoglia l’intera produzione artistica in un continuum spazio-tempo utile a creare una maggiore interconnessione. Ecco che la frase di Jean-Michel Basquiat diventa forma espressiva nel momento in cui affermava di cancellare “le parole in modo che le si possano notare”.
Partendo da quest’ottica, proprio in un ciclo di lavori si abbina al linguaggio grafico una scomposizione concettuale, atta a dividere le lettere tra loro. Pertanto non si evidenzia un’azione di annullamento, poiché la struttura complessiva dell’opera non permette al messaggio di privarsi del significato, ma crea un’interazione con l’osservatore innanzi, consentendo di ritrovare e riscoprire il vero senso sotteso.
Da un linguaggio universale, dunque, si passa a un gioco artistico che nasconde ma, allo stesso tempo, rileva contenuti diretti e immediati.
Se il filosofo Jean-Paul Sartre sottolineò come “ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche”, Alfredo Rapetti Mogol a suo modo interagisce svelando segni e simboli, dunque parole, attraverso messaggi dall’enigmatica calligrafia sempre rivolti a una condivisione concreta che, lungi da effetti negativi, possa arricchire la cultura umana andando così a superare e sostituire quel latente discredito caratterizzante la nostra società.
Le sue opere generano, nella “recondita armonia di bellezze diverse”, un senso comune di ascolto e approfondimento per labirinti dell’anima, ancora celati.
Alain Chivilo’