Il colore bianco è il primo punto di riflessione osservando il lavoro di Lucia Rotundo. Anche in tale dimensione poetica si svolge il percorso di una mostra che abbraccia un arco temporale compreso fra il 2015 e le ultime opere realizzate per l’occasione.Il bianco è una sintesi, ma è anche un non – colore, un’assenza fenomenologica da cui appaiono forme, geometrie, volumi, elementi frastagliati, parte di una natura “congelata” nel lavoro e che entra a pieno titolo, a farne parte.Il bianco, tanto amato dai grandi maestri del ‘900, a cominciare da Malevic, per proseguire con Piero Manzoni, Enrico Castellani, Lucio Fontana, rappresenta il termine della narratività, e consente all’opera di valorizzarsi attraverso altri aspetti, come i volumi, le minime variazioni, il dosaggio e le relazioni dei materiali fra loro, le tecniche raffinate e sapientemente utilizzate.

Robert Rauschenberg e il suo White Painting del 1951, ad esempio, crea minime modulazioni attraverso minimi volumi, le varianti del silenzio, di un non luogo che è solo mentale.Il bianco è luce, elemento importantissimo nella poetica di Lucia Rotundo, sia essa naturale, sia artificiale, quella luce che dialoga con l’ambiente e che, attraverso l’opera, è in grado di modificarne la percezione, attraverso una diversa dimensione di profondità e di spazio. Aura bianca, del 2019, è un lavoro articolato e complesso, realizzato con multistrato, tela, abete, acrilico, acciaio, foglia oro . Esso appare come uno squarcio nello spazio, un segmento, una possibile apertura, una mezza luna.Sulla luce si è scritto tanto. Dan Flavin produce nuovi spazi con le sue installazioni di neon, reinventa il luogo dell’arte e ci invita a entrare in un’altra dimensione spaziale. Il tema della luce quale fonte di vita, di sopravvivenza dell’uomo e di tutte le forme di vita sulla terra, ha suggestionato, da sempre, gli artisti che hanno creato lavori per raccontarlo, interpretarlo. Da Giotto a Piero della Francesca, da Leonardo a Rembrandt e Caravaggio la luce è tema di ispirazione e allo stesso tempo medium culturale. La luce alimenta corpo e spirito.

Rotundo alterna forme geometriche: i quadrati, i rettangoli, i cerchi, ad esempio, giocano fra di loro, si scoprono a vicenda, si alternano in un equilibrio compositivo nel quale l’artista non perde mai il controllo, e, alla fine, trovano la loro soluzione nel bianco che li affratella, e che ci accompagna in una dimensione simbolica e spirituale del lavoro.All’assolutezza del monocromo si contrappone una pluralità incredibile di materiali e tecniche : acciao, acrilico, multistrato, cotone, alluminio, acciaio, PVC, rame, graniglia, ottone, piume, radici, pietre, legni, conchiglie, resine, foglie, carta, foglia d’oro, bronzo. Natura e cultura, il binomio tanto caro alle avanguardie degli anni sessanta, riacquista forza nelle opere in cui l’elemento naturale ritrova il proprio spazio vitale, la propria dignità, al pari di un materiale frutto dell’esperienza umana.

A proposito dell’opera di Alberto Burri Giulio Carlo Argan scriveva nel 1981, in Occasioni di critica : “Nei Sacchi, nei Legni, nei Ferri, la materia era protagonista, si sostituiva simbolicamente all’artista, si appropriava della precarietà, della miseria, dell’angoscia logorante della sua esistenza”…In poche parole: lo scarto, il residuo, la fine, che la materia povera e naturale destina all’arte, rappresentava la qualità. In questa sorta di congelamento, invece, Lucia Rotundo converte il precario alla potenziale durata, introducendo tutta la sua conoscenza tecnica specifica dei materiali usati. Il legame natura/cultura assume caratteristiche molto diverse rispetto alle generazioni delle avanguardie storiche del primo novecento e successivamente degli anni sessanta.Ed è “naturale” che sia così. L’artista vive nel proprio tempo. La sua esperienza tiene conto dell’evoluzione della società dei consumi, delle nuove tecnologie, non può fare a meno di conoscere le nuove forme di comunicazione.Ad un certo punto, però, la scelta è doverosa, e Rotundo se ne assume la responsabilità intellettuale. La foglia è un linguaggio, è una forma, al pari del cerchio o del cono, così come fu, ad esempio, per il grande scultore Brancusi. Una forma essenziale, primigenia, primordiale, ma pur sempre una forma.Pittura tridimensionale, architettura poetica, scultura relazionale. Il lavoro di Lucia Rotundo è quadro, scultura, installazione. I “frammenti” si compongono e creano un linguaggio, una partitura, in grado di scrivere una lingua universale, comune al genere umano, intrisa di un sentimento originario mediterraneo (la Magna Grecia) e di una cultura contemporanea cosmopolita. In una parola: extratemporalità, attraverso il linguaggio della forma e della materia, che giocano con quello della luce. Passato e presente si uniscono idealmente, nel rinnovare l’aura della composizione artistica. Il frammento è parte del tutto e crea un unicum.

Il termine “madre”, “mater”, “la grande madre” ricorre sovente nei lavori, e si fa titolo, concetto. Rappresenta un richiamo alle origini, e, nello stesso tempo, ad una rappresentatività, senza bisogno di rappresentazione figurata. Come in un’allegoria rinascimentale il simbolo è solo suggerito da forme primarie che riconducono ad una memoria ancestrale, quelle stesse che, in particolare, compongono l’opera intitolata Ascesa, una preziosa installazione del 2018 che ci sembra un ingresso, una porta aperta verso un mondo nuovo, liberato finalmente da sovrastrutture e luoghi comuni che da tempo non appartengono più alla sfera artistica. Il mondo nuovo è quello che guarda al domani, che si confronta con la propria storia, con la propria memoria, senza, tuttavia, indulgere nei luoghi comuni di una rappresentazione tradizionale.

Il respiro silente, una seconda installazione realizzata quest’anno, rappresenta la coerente progettualità dell’artista, che rimane fedele a se stessa e alle sue scelte. La scultura non è un monumento, non è un linguaggio retorico, ma la paziente riconversione delle immagini in parole, frasi, appunto, “silenziose”, mai urlate, ma penetranti e puntuali, che emergono dal bianco che ne sottolinea l’efficacia e la riuscita.La monocromia, l’interesse per la scultura e l’installazione, la fuoriuscita dalla pittura, l’interesse per la spiritualità, la curiosità per una visione cosmica dell’arte, questi i temi del lavoro di Lucia Rotundo. Il silenzio dei suoi lavori attraversa lo spazio della tela, dell’acciaio, delle foglie, del cotone, come a lasciare sospesa nel vuoto la contemplazione, la percezione sensoriale dell’esperienza artistica. Il suo è un viaggio che non termina mai, che pone domande e che si costruisce con paziente meticolosità, quella ossessione del fare indispensabile agli artisti.
VITTORIA COEN
