Conversazione tra l’artista Daniela Cataldi e il direttore Anna R. G. Rivelli
Tanto nelle tue opere pittoriche quanto nelle tue incisioni la città è tema ricorrente: qual è il motivo?
Il tema della città utopica, degli spazi urbani e dell’iperuranio mi accompagnano da sempre. Un argomento che ho indagato nella mia tesi di laurea e che è divenuto un costante spunto di riflessione per le mie opere artistiche attraverso diversi linguaggi e tecniche, tra queste vi è il mondo dell’incisione calcografica che per me è un universo infinito di scoperte e di piaceri.
La città inoltre ha un ruolo sociale. Essa mantiene in vita le memorie e i simboli comuni che legano il gruppo, consentendo ai suoi membri di comunicare l’un l’altro ed è quindi un sistema mnemonico che contiene la storia e le tradizioni del gruppo. Capire la città significa acquisire quei dati che permettono di confrontarci favorevolmente con essa. Da ciò nasce anche la conoscenza di noi stessi, cioè del nostro mondo interiore.
Condivido. Le tue città mi sembrano però irreali o, quanto meno, “trasognate”
Sogno di evadere dal mondo contemporaneo sempre più ispirato a stereotipi guidati da consumismo, opportunismo e interessi personali. Il desiderio di rappresentazione è retto invece dalla grande passione, che è il vero propulsore delle opere d’arte come di tutte le attività pienamente vissute dal genere umano.
Il tuo sogno di evasione è piuttosto romantico, una fuga all’indietro verso un mondo antico e idealizzato, con una forte predilezione per il movimento ascendente. C’è un’impronta gotica nelle tue rappresentazioni e l’ascendenza si confonde con la trascendenza. Mi sbaglio?
Le città gotiche del medioevo germanico si protendono verso il cielo, le punte dei palazzi, i campanili in cima alla cattedrale testimoniano la trascendenza medioevale mai sazia di spiritualità. Nelle mie rappresentazioni di utopiche città l’idea di gotico, a dispetto di chi lo immagina come principale espressione dell’orrido, del tenebroso, dell’ombra e della paura, diventa un gotico armonico e luminoso. Quando le osservo attentamente posso cogliere i finissimi dettagli delle finestre, delle porte e se poi voglio seguire il percorso delle stradine e delle scale contorte che circondano i palazzi mi accorgo che la possibilità di proseguimento è affidata all’intuito e alla fantasia di chi le segue con lo sguardo facendole animare e vivere nelle proprie menti. Le mie roccaforti sono poste in luoghi lontani e solitari, sono città fantastiche del mio mondo interiore, che si stagliano su orizzonti visionari nelle quali mito e sogno si intrecciano inscindibilmente. È assente ogni “rumore di vita”, gli slanci dei pinnacoli e delle case sono slanci mistici di trascendenza in un’atmosfera di magia e di fantasia. Tale isolamento vuol essere un invito a ritrovare dentro di noi una più vera e pura interiorità, un silenzio che ci porta lontano dai rumori e dagli stress moderni. Un barbarico che si tramuta in un simbolo di civiltà più autentico. L’evocazione di un lontano passato che ci offre la possibilità di progredire più umanamente, nonché la capacità di lasciarsi affascinare da tutto ciò che per noi è ignoto e misterioso. Per me il gotico diviene motivo di contemplazione di un sogno soprannaturale attraverso il filtro colorato dell’arte; ed è proprio con i colori che vorrei evidenziare la positività per un periodo considerato – fino a mezzo secolo fa – così buio.
Anche con il colore rappresenti un mondo armonioso e misterioso insieme?
L’azzurro nelle sue diverse tonalità fino al verde acqua o al viola, sono colori di luce, che non oscurano ma illuminano. Un celeste che richiama contemporaneamente la placida serenità di un cielo limpido, il vitreo freddo di un ghiacciaio che se sciolto diventa anche l’abisso di un mare. Un ibrido che l’opera rende attraverso l’immagine che pulsa nella sua staticità.
Il titolo della tua mostra fa riferimento all’utopia e, a questo punto, ci è chiaro il perché. Ma per quale motivo ad essere utopiche sono le assenze?
Le mie sono città vuote, quasi sempre prive di figure umane, luoghi di segni e di sogni, universi fuori dallo spazio e dal tempo, luoghi in cui il viaggiatore entra, cammina, magari si perde, ma non so se si ritrova.
Il “tuo” viaggiatore entra però in luoghi sempre molto circoscritti…
Vero, perché in realtà altro tema a me caro è l’isola che si traduce in una metafora: immagine della lontananza, della purezza, della libertà, della costrizione e dell’imprigionamento, dello stato di natura, dell’impervietà, della fuga, della felicità e della bellezza realizzabili, della limitazione, della vita da poter vivere. La montagna è un’isola in pianura, un campo coltivato è un’isola quando intorno ha la foresta, una terra emergente è un’isola quando intorno ha l’acqua, l’acqua che rende possibile l’esistenza di una vera vegetazione rigogliosa è un’isola quando intorno ha una terra arida.
Hai una predilezione per l’incisione che è una tecnica particolarmente raffinata e, mi sembra, dedicata a fruitori più accorti. Matera, dove tu hai studiato e vivi, ha una tradizione eccellente con la Grafica di Via sette dolori. Parlaci di alcune delle tue opere in modo da agevolare i nostri “visitatori” nella lettura di questa tua mostra.
Nell’acquaforte Città, ad esempio, si è di fronte ad edifici antichi, solidi e silenziosi, austeri e compatti. Sono un insieme di case addossate le une alle altre, che quasi vengono a formare una muraglia difensiva e impenetrabile; questa è una città che ci guarda severamente attraverso le sue numerose orbite scure, arroccata su un’altura, quasi fosse un mare di nebbia, che non ha un inizio e non ha una fine; lasciata volutamente incompiuta.
In Scale la città si offre, mostra la strada per farsi esplorare, e una teoria di gradini invita a scoprire quale nuovo scorcio attende dietro l’angolo, stimolando la curiosità dell’osservatore. L’interesse per l’architettura rivela attenzione per ogni dettaglio, anche il più semplice. Scale ritrae il cuore antico di una città; in primo piano, sulla sinistra, si vede una vecchia casa che pare abbandonata. I muri sono storti, i gradini della scala concavi. Ho accentuato le caratteristiche del paese vecchio, ho distorto le linee dando così un’interpretazione di abitato. Con l’uso della punta secca ho ammorbidito e sfumato i contorni, ho fatto vibrare di calda luce i muri delle case, abbandonando la freddezza dei muri di Città, ottenuta con l’uso della rotella.
La città acquista ulteriore movimento e invita sempre più a scoprire i suoi segreti in Distorsione. La visione dall’alto ha l’effetto di una calamita. Questo paese, che sembra non avere un fondo, invita all’esplorazione attraverso comode scale che però si fanno sempre più ripide, avvertendo il viaggiatore del rischio che può correre addentrandosi nelle sue nere viscere. Anche in questa incisione, grazie all’uso della puntasecca e dell’acquatinta, le linee curve danno morbidezza e una materia dura, ai muri delle case, alla pietra che appare quasi spugnosa; ma la luce va diminuendo, i portoni sono serrati, non si avverte la presenza umana. Il buio del fondo incute timore, la curiosità si vela di inquietudine.
In Ascesa non c’è possibilità di scelta, la ripida scalinata incombe e la sua salita si prospetta faticosa, considerando i suoi gradini molto alti. La zona di partenza è un luogo buio, troppo scuro per essere visitato e dal quale si vorrebbe fuggire velocemente; la scala allora diventa una via di fuga invitante, in cima ad essa domina la luce, un bagliore accecante che attrae e promette soddisfazione a chi si farà forza di salire quei gradini.
Una prospettiva inversa e una situazione agli antipodi rispetto all’opera Distorsione.
La scala dunque è un tramite, non importa in quale direzione la si percorra. È comunque un mezzo e può diventare segno, simbolo del percorso inevitabile che ogni uomo prima o poi dovrà percorrere per raggiungere, scoprire, conoscere o fuggire.
I paesaggi incisi sono luoghi sospesi nello spazio e nel tempo. Risentono di suggestioni medievali e surreali, in Orizzonti sono morbidi e sfumati, in Insidie o Cattedrali invece sono duri e con pietre aguzze e qui nella stampa alla durezza si aggiunge la freddezza dell’inchiostro violaceo.
Se ti chiedessi in pochissime parole il “messaggio” di questa mostra?
Il mio vuol essere un semplice invito a lasciarci trasportare anche solo per qualche attimo dal movimento magico (anamorfico), stando bene attenti a non rimanere intrappolati dentro.
DANIELA CATALDI nata a Policoro nel 1977, vive e lavora a Matera.
Dopo il Liceo Artistico di Matera ha frequentato il corso di Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Roma, come allieva di Gino Marotta e Giuseppe A. Gatt. Ha svolto studi sul Medioevo che ha utilizzato per scrivere la sua tesi “La città utopica nel Medioevo”. Ha frequentato corsi di restauro pittorico e ha compiuto studi su tecniche antiche utilizzandole nel campo del restauro, lavorando per la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici dell’Aquila e di Pescara. Dopo gli studi artistici inizia a svolgere la propria attività di freelance nel campo pittorico e del restauro. Dal 2003 insegna Arte e immagine e Disegno e storia dell’arte prima a Pescara e poi a Bari. Dal 2009 svolge la sua attività calcografica presso la “Grafica di Via Sette Dolori” di Matera. Partecipa a concorsi, rassegne artistiche e mostre collettive nazionali ed internazionali. Tiene corsi professionali di disegno e pittura. Organizza corsi di tecniche incisorie e pittoriche, tenuti da maestri italiani ed internazionali.
- 5° Concorso int.le Ex Libris Biblioteca di Bodio Lomnago (VA) “La sfera celeste” con pubblicazione sul catalogo dell’opera “Geodesia spaziale”.
- Vincitrice del “Premio Lucania 2010”, Melfi (PZ).
Espone al Moba, Terrazza Bardini, di Firenze.
Partecipa alla 16° edizione di “Art Edition 2010”, Associazione Korea Print Photography (KPPA), Busan, Corea del Sud, con pubblicazione sul catalogo dell’opera “Città”.
- Tre sue opere vengono selezionate per la 14ma Triennale Internazionale di Piccole Forme Grafiche di Lodz, in Polonia.
Mostra “La vitalità del segno” presso il Monastero delle Benedettine a Lecce.
Fa parte degli artisti del Padiglione Italia alla 54° Esposizione Internazionale d’arte della Biennale di Venezia in Basilicata.
- Mostra d’arte contemporanea “Flammas domamus donamus cor”, con l’opera “Orizzonti” alla Mediateca provinciale di Matera.
È presente nel Repertorio degli Incisori italiani nel Gabinetto delle Stampe Antiche e Moderne del Comune di Bagnacavallo (RA).
- Espone alla mostra “Pensare attraverso il segno” presso la galleria San Valentino di Marghera (VE).
Evento espositivo “I riflessi della materia” Casa d’aste Philobiblon, Roma.
Esposizione personale “Città utopiche” in occasione della Faimarathon, Ex Ospedale di San Rocco, Chiesa del Cristo Flagellato, Matera.
Mostra collettiva itinerante “Arte nei borghi” sul metodo Hayter, in castelli ed edifici storici della Basilicata.
- Biennale internazionale opere di carta “Di carta Papermade” Palazzo Fogazzaro Schio (VI).
15ma Triennale Internazionale di Piccole Forme Grafiche di Lodz, in Polonia.
Mostra “Visione Monocroma” il fascino discreto del monocromatico, Nemi (RM) Scuderie del Palazzo Ruspoli.
Espone alla mostra “Small size” Momart Gallery, Matera.
- Mostra “Per Inciso” 11 Giornata del Contemporaneo, Palazzo Salleo, Sinagra (ME).
Mostra “Segni” Museo Didattico, Barcellona P.G. (ME).
Biennale di incisione “Giuseppe Maestri” 1° Premio per giovani incisori, Museo Civico delle Cappuccine, Bagnacavallo (RA).
- “Mirror – Face to Face”, Artisti Italiani e Macedoni, Esposizione Internazionale di Grafica Vicenza (Italia) Bitola, (Republic Macedonia).
Natura in foglio. Paesaggi e visioni nell’incisione contemporanea, Associazione Nazionale Incisori Contemporanei – Fondazione Benetton Studi Ricerche – Treviso.
8ª Biennale di Douro Alijó – Portogallo.
Pubblicazione su grafica d’arte Le città di Daniela Cataldi a cura di Maria Biasini.
- “L’incisione in festa” 40° anniversario della Grafica di via sette dolori Matera.
- Sogni incisi. Incisione Italiana Contemporanea e un omaggio a Fernando Eandi,
Associazione Incisori Contemporanei – Boblioteca statale Stelio Crise – Trieste.
“The Tree of Life. Origin-becoming of man and culture” – Galleria Celeste di Vicenza e
Studio Arti Visive di Matera.
Biennale dell’Incisione Italiana Contemporanea Città di Campobasso 2018.
- Matera – memoria, identità e futuro – rassegna itinerante, Resonance Gallery,
Plovdiv (Bulgaria).
Vincitrice alla Biennale Internazionale per l’Incisione “Premio Acqui” del Premio Consorzio Brachetto D’Acqui 2019 per l’opera “Viaggio su Urano “.
Mostra “Resonance between civilization – Contemporary italian prints exhibition in China”. China Printmaking Museum – Guanlan.
“Festival internazionale del Libro d’artista inciso”. Sala “Laura Battista” – Biblioteca “Stigliani” di Matera.
- Passaggi 2019, quaderni di poesia e arte dell’Associazione culturale la Luna. “Pensando in amore” Enrico Capodaglio – “Amore spirituale” Daniela Cataldi, Fermo 2019.