«L’espressione artistica può riscattare l’uomo dal quotidiano e porsi come atteggiamento esistenziale, come proposito di reinvenzione della realtà: “L’arte – ha suggerito Hiroshi Sugimoto – è la questione chiave dell’esistenza umana”, il veicolo di estrinsecazione di ansie e speranze, il punto fermo attraverso cui l’uomo lascia ai posteri testimonianza di sé. Quella in cui viviamo è un’epoca costantemente mutevole e l’arte non fatica ad adeguarsi al cambiamento, ponendo continuamente in discussione i propri statuti e frammentandosi in uno spettro caleidoscopico di soluzioni. Per sopravvivere ai mutamenti repentini dell’età contemporanea, alle sue inarrestabili metamorfosi, non basta esercitarsi con materie e mezzi tradizionali ma bisogna misurarsi con uno spazio e un’idea. La scultura, più di altri linguaggi, rappresenta il modo più efficace con cui l’uomo ha tentato di imitare l’attività creatrice della natura, riproducendo tridimensionalità e tangibilità, in virtù di un approccio molteplice al reale, alle sue tante parvenze e possibilità espressive. I molti materiali a disposizione hanno rivoluzionato il volto dell’attività plastica, modificando rappresentazioni e regole costitutive. La realtà non è più imitata, ma è divenuta parte integrante della ricerca scultorea, che ne offre una rappresentazione metaforica, carica di suggestioni e vissuti.
Lucia Rotundo, esplora le diverse sfaccettature di culture e abitudini mediterranee, i riti di passaggio, i gesti e le tradizioni orali. S’interessa a tematiche correlate all’identità, alla temporalità e alla memoria, tessendo un filo ininterrotto tra passato, presente e futuro.
Nella sua ricercala memoria non è registrazione sequenziale del tempo, ma energia sotterranea che affiora nell’accostamento di frammenti (ri)composti che ne colgono il non detto.
Lo stesso Umberto Eco ha affermato: “Ogni società come ogni individuo vive attraverso la memoria. Senza memoria non c’è durata, non c’è anima.”
(…)Lucia Rotundo preferisce costruire parte dei suoi cimeli; altri, invece, li seleziona con spirito rabdomantico, scegliendoli per qualità estetiche e valenza di ricordo. Il suo è un tentativo di annullare il confine tra pensiero e realtà, infondendo l’uno nell’altro, combinandone tempi e spazi.»
(…) L’artista inscena un lavoro etereo nelle forme e nei materiali, in cui la gravità si tramuta in entità impalpabili e fluide, visioni che trasportano lo spettatore nel vivo del ricordo, delicate metafore che si insinuano tra le pieghe di una quotidianità distratta.»
¹Carmelo Cipriani: Testimonianze di un’identità collettiva, in catalogo “Frammenti di una storia”, Ed. Gangemi Editore, Roma, 2017
(…)«Lucia Rotundo nel suo lavoro di scultrice, fa riferimento alla Mediterraneità si sforza sì di
risalire idealmente ad una sorta di stato di grazia tra l’arcano e l’arcaico, o, se si vuole, tra il primitivo e il primigenio, che avrebbe garantito alle arti della Grecia Antica e delle sue Colonie il loro straordinario successo, ma non lo fa cercando di enucleare dal prodotto finito e già celebre, la sua formula nascosta, il suo segreto da tradurre in regola, bensì cercando di ricostruire idealmente un avvio che è lecito immaginare sia stato condiviso a suo tempo da un’ infinità di oscuri precursori di quei vasai, falegnami, decoratori, ebanisti, scultori o architetti più maturi ed organizzati che avrebbero poi consentito con il loro impeccabile operato didar vita ad una costellazione di stili ammirati per secoli dall’ intera umanità, l’unica forse che a più riprese,sia pure attraverso mille fraintendimenti e stravolgimenti, non ha mai smesso di trovare entusiasti estimatori pronti a riproporcela come universale ed intemporale.
(…)Il lavoro della Rotundo che, semmai, si concentra su di un presupposto estetico-gnoseologico che quelle definizioni non seppero o non vollero mai sviluppare senza chiamare subito in causa l’antico e collaudato principio dell’arte come mimesis con tutto quello che ne consegue. Il presupposto, lo si sarà compreso, è quello che l’attività artistica dei nostri antenati abbia preso le mosse dall’osservazione della Natura e dal desiderio di fissarne l’effimero fluire in qualcosa di stabile, l’obiezione fattiva della Rotundo consiste nel mostrare attraverso le sue semplici, ma raffinatissime sculture, come in realtà l’occhio non sia e non sia mai stato passivo neppure nel suo apprendere più deferente ed ammirato e come la mano non gli sia mai stata da meno, dimostrandosi anzi, pronta anch’essa ad intervenire conoscitivamente in maniera del tutto indipendente dal suo farsi strumento di una mera riproduzione-registrazione di volumi o profili. Tutto questo anche laddove essa si sia limitata soltanto ad un istintivo cogliere, avvicinare o ruotare un qualsiasi piccolo oggetto trascelto dallo sguardo, fra gli infiniti stimoli provenienti dall’ambiente circostante, dove “trascelto” significa anche scelto come dono da accettare e di cui far tesoro non certo producendone un doppio inerte, ma isolandolo, analizzandolo ed imparando da esso tutto quanto si sarà capaci di imparare.»
Paolo Balmas, Lucia Rotundo:occhi aurorali per un agire conoscitivo,in catalogo “Frammenti di una storia”, Ed. Gangemi Editore, Roma,2017
«Il colore bianco è il primo punto di riflessione osservando il lavoro di Lucia Rotundo.
Il bianco è una sintesi, ma è anche un non – colore, un’assenza fenomenologica da cui appaiono forme, geometrie, volumi, elementi frastagliati, parte di una natura “congelata” nel lavoro e che entra a pieno titolo, a farne parte.
Il bianco è luce, elemento importantissimo nella poetica di Lucia Rotundo, siaessa naturale, sia
artificiale, quella luce che dialoga con l’ambiente e che, attraverso l’opera, è in grado di modificarela percezione, attraverso una diversa dimensione di profondità e di spazio.
Il tema della luce quale fonte di vita, di sopravvivenza dell’uomo e di tutte le forme di vita sulla ter-
ra, ha suggestionato, da sempre, gli artisti che hanno creato lavori per raccontarlo, interpretarlo.
Da Giotto a Piero della Francesca, da Leonardo a Rembrandt e Caravaggio la luce è tema di ispira-
zione e allo stesso tempo medium culturale. La luce alimenta corpo e spirito.
Rotundo alterna forme geometriche: i quadrati, i rettangoli, i cerchi, ad esempio, giocano fra di loro, si scoprono a vicenda, si alternano in un equilibrio compositivo nel quale l’artista non perde mai il controllo, e, alla fine, trovano la loro soluzione nel bianco che li affratella, e che ci accompagna in una dimensione simbolica e spirituale del lavoro.
All’assolutezza del monocromo si contrappone una pluralità incredibile di materiali e tecniche: acrilico, multistrato, cotone, alluminio, acciaio, PVC, rame, graniglia, ottone, piume, radici, pietre, legni,conchiglie, resine, foglie, carta, foglia d’oro, bronzo. Natura e cultura, il binomio tanto caro alle avanguardiedegli anni sessanta, riacquista forza nelle opere in cui l’elemento naturale ritrova il proprio spazio vitale, la propria dignità, al pari di un materiale frutto dell’esperienza umana.
In poche parole: lo scarto, il residuo, la fine, che la materia povera e naturale destina all’arte, rappresentava la qualità. In questa sorta di congelamento, invece, LuciaRotundoconverte il precario alla potenziale durata, introducendo tutta la sua conoscenza tecnica specifica dei materiali usati. Il legame natura/cultura assume caratteristiche molto diverse rispetto alle generazioni delle avanguardie storiche del primo novecento e successivamente degli anni sessanta.
L’artista vive nel proprio tempo. La sua esperienza tiene conto dell’evoluzione della società dei consumi, delle nuove tecnologie, non può fare a meno di conoscere le nuove forme di comuni-cazione.
A un certo punto, però, la scelta è doverosa, e Rotundo se ne assume la responsabilità intellettuale. La foglia è un linguaggio, è una forma, al pari del cerchio o del cono, così come fu, ad esempio, per il grande scultore Brancusi. Una forma essenziale, primigenia, primordiale, ma pur sempre una forma.
Pittura tridimensionale, architettura poetica, scultura relazionale. Il lavoro di Lucia Rotundo è quadro, scultura, installazione. I “frammenti” si compongono e creano un linguaggio, una partitura, in grado di scrivere una lingua universale, comune al genere umano, intrisa di un sentimento originario mediterraneo (la Magna Grecia) e di una cultura contemporanea cosmopolita. In una parola: extratemporalità, attraverso il linguaggio della forma e della materia, che giocano con quello della luce. Passato e presente si uniscono idealmente, nel rinnovare l’aura della composizione artistica. Il frammento è parte del tutto e crea un unicum.
Il mondo nuovo è quello che guarda al domani, che si confronta con la propria storia, con la propria memoria, senza, tuttavia, indulgere nei luoghi comuni di una rappresentazione tradizionale.
La scultura non è un monumento, non è un linguaggio retorico, ma la paziente riconversione delle immagini in parole, frasi, appunto, “silenziose”, mai urlate, ma penetranti e puntuali, che emergono dal bianco che ne sottolinea l’efficacia e la riuscita.
La monocromia, l’interesse per la scultura e l’installazione, la fuoriuscita dalla pittura, l’interesse per la spiritualità, la curiosità per una visione cosmica dell’arte, questi i temi del lavoro di Lucia Rotundo. Il silenzio dei suoi lavori attraversa lo spazio della tela, dell’acciaio, delle foglie, del cotone, come a lasciare sospesa nel vuoto la contemplazione, la percezione sensoriale dell’esperienza artistica.».
³Vittoria Coen, Architetture poetiche, in catalogo “Architetture poetiche”, Ed. Silvana Editoriale S.p.A. Cinesello Balsamo, Milano, 2019
«Operando non di rado tra pittura e scultura,l’artista ridefinisce dettagli significanti, rivelando la loro intrinseca preziosità nei riverberi luministici tra sé e le materie attigue, sempre rilucenti. Ogni sua creazione si configura come una pausa di riflessione dal turbinio quotidiano.».
Carmelo Cipriani: Testimonianze di un’identità collettiva, in catalogo “Frammenti di una storia”, Ed. Gangemi Editore, Roma, 2017
(…)Ci svela subito l’arcano, ovvero ci svela che si tratta in realtà, di un invito ad usare ancora una volta i nostri occhi secondo le modalità non ingenue ma in qualche modo aurorali che la mediterraneità, intesa come categoria dell’agire conoscitivo, ci ha lasciato in eredità, un invito cioè a traguardare, mirare, isolare e donare a noi stessi non più ciò che la natura ci offre, ma ciò che l’uomo ha costruito per sé e per il suo vivere nel suo presente, epoca dopo epoca, cercando non la perfezione dello stile ma le sue radici».
Paolo Balmas, Lucia Rotundo:occhi aurorali per un agire conoscitivo, in catalogo “Frammenti di una storia”, Ed. Gangemi Editore, Roma, 2017
Il suo è un viaggio che non termina mai, che pone domande e che si costruisce con paziente meticolosità, quella ossessione del fare indispensabile agli artisti.»
Vittoria Coen, Architetture poetiche, in catalogo “Architetture poetiche”, Ed. Silvana Editoriale S.p.A. Cinesello Balsamo, Milano, 2019
Lucia Rotundo,ha compiuto studi artistici che ha completato all’Accademia di Belle Arti, si è specializzata in didattica museale presso il Dipartimento Educazione del MIC di Faenza.
Collabora con istituzioni pubbliche e private (musei, gallerie e fondazioni per l’arte contemporanea).
È docente all’Accademia di Belle Arti.
Opera nel campo della ricerca e della sperimentazione visivadagli anni novanta, con il linguaggio della scultura e dell’installazione ambientale.
La Sua poetica, si esprime con un linguaggio minimale e concettuale, fondata su una realtà sensibile tra mistica e impegno sociale. Si pone, nel dibattito artistico contemporaneo, con il segno delle proprie origini, dove materia e spirito, uso appropriato di elementi naturali e di nuove tecnologie si fondono, tra progettualità e processo.
L’ identità dell’artista è fatta di segni e simboli (iconici ed aniconici) che intrecciano la storia, il mito, l’antropologia e la natura.
La Sua ricerca ha un rapporto fortemente empatico con la materia, utilizza materiali organici ed inorganici, la luce naturale e quella artificiale, il cristallo, bianche superfici (tessili e lignee), metalli luminosi, metacrilato e bronzo che producono una serie di riflessi, rifrazioni, ombre e riverberi, per accostamenti, sovrapposizioni o stratificazioni.
La lievità delle sue sculture rinasce attraverso il candore del bianco-colore elemento preponderante della sua ricerca.
È invitata a rassegne nazionali ed internazionali, espone in mostre personali, collettive e di gruppo,
del suo lavoro si sono occupati critici e storici dell’arte.
Presente in significative pubblicazioni di carattere monografico e generale,sue opere sono in collezioni museali, pubbliche e private in Italia e all’estero.