L’affermazione dell’immaginario americano, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, si misura con l’ostentazione di una egemonica superiorità, non solo economica e politica (in virtù del piano Marshall e delle sue ricadute globali) ma anche e soprattutto culturale: l’arte e il mercato dell’arte s’impongono immediatamente al mondo attraverso una solida rete di musei, gallerie e rassegne, accanto allo sviluppo di un intero sistema mediatico e finanziario, in grado di definire a tutto tondo i caratteri della superpotenza a stelle e strisce.
Come una grande armata bellica, i prodotti dell’industria culturale invadono il vecchio continente, a partire dall’Espressionismo astratto fino alla Pop Art e al New Dada. Stessa sorte per il cinema e la letteratura, per lo sport e per i consumi quotidiani.
Nel bozzetto Super dei primi anni ’60, Pino Pascali, da sempre affascinato dall’immaginario Pop di origine statunitense – specie nei ripetuti e dichiarati omaggi a Jasper Johns – sembra tracciare i segni distintivi della cultura visuale americana, anticipando molti dei processi della progressiva influenza postcoloniale in tutto l’Occidente.
Il periodo che va dal 1964 al ’68 è una unità di misura dell’immaginario, sia per Pascali – che in quegli anni esordisce, opera e purtroppo muore – sia per l’Italia del boom industriale e culturale, sia per l’Occidente a trazione americana. Intrecciare la vicenda umana a quella collettiva è stato il ragionamento opportuno e l’intuizione giusta. Molto significativa soprattutto l’idea di incontrare, virtualmente nella scrittura ma con grande efficacia nella memoria, i giovani artisti romani che andavano a Venezia a guardare la grande Biennale del 1964 e a fantasticare di fronte ai giganti colleghi d’oltre Oceano. Salvo poi tornarvi pochissimi anni dopo da protagonisti. È una storia tutta italiana, raccontata anche con un po’ di orgoglio.
C’è inoltre una questione fondamentale che il libro pone: affrontare in modo diretto la relazione tra Pascali pubblicitario e Pascali scultore, senza complessi di inferiorità dell’uno nei confronti dell’altro, e senza il problema di dover valutare un’opera di serie A o una di valore minore. Pascali ha realizzato lavori diversissimi conservando sempre la sua personalissima ironia linguistica. Ogni cosa, per Pascali, è ricolma di storia e di immaginazione, “basta vedere”, diceva, e l’arte è “trovare un sistema per cambiare”.
Roberto Lacarbonara