FASE 2
04 Maggio 2020. Ore 18.45
Una conversazione telefonica tra Massimo Lovisco e Massimiliano Bonomo
“Buongiorno Massimiliano, oggi inizia la famosa Fase 2…. noto una sottile coincidenza a parlare dei miei lavori, anche la mia ricerca è in una nuova fase…”
“Vero, devo dire che ho osservato bene i tuoi lavori e molti non li conoscevo. Fra l’altro nel file che mi hai inviato non hai inserito i titoli.”
“Vero, ma è stata una cosa voluta. Questa nostra conversazione in realtà sarebbe dovuta essere una mostra. Poi in piena atmosfera smart working ho deciso di trasformarla in un’intercettazione telefonica di noi che parliamo dei miei lavori”
“Ah ah ah”
“…. e volevo partire con lo stimolare la tua curiosità, tracciare quasi delle linee emozionali. I titoli avrebbero forviato questo percorso. Nella cartella poi ti ho inserito tutto, fotografie, performance, installazioni… cosa ti ha colpito di più? Da dove vogliamo partire? Io registro tutto!”
“Ecco io partirei con un’immagine che mi ha colpito molto. Quella della vespa morta. Forse tra tutte le foto è stata quella che più mi ha “toccato”, insieme alla foto con un insetto sospeso nell’aria. Non voglio dire che sia la mia preferita ma ha – come dire? – attivato il punctum di cui scriveva Barthes. Forse perchè ultimamente mi è capitato di vedere un bel crime polacco, I flagelli di Breslavia, e la tua foto mi ha richiamato il ricordo di una sequenza di un film polacco che ho amato molto: l’episodio 2 del Decalogo di Kieslowski. C’è, alla fine del film, la scena di un’ape caduta in un barattolo di marmellata e il suo successo nel riemergere dal vasetto è associato a quello dell’anziano che guarisce dalla malattia… Fra l’altro sembra quasi un dipinto piuttosto che una fotografia …”
“Questo perchè fatta tramite cellulare. Ultimamente sto fotografando con il cellulare. Questa foto in particolare è stata scattata con uno smartphone che aveva una fotocamera scadente.”
“Quindi in questo caso possiamo dire che la bassa qualità del cellulare finisce per essere quasi una risorsa, una modalità espressiva…..”
“Verissimo. Questa immagine fa parte proprio dell’ultima serie a cui sto lavorando.Una serie nata su Instagram in cui sono alla ricerca di quella monumentalità che accade ai margini della visione. Quando si fotografa di solito si è alla ricerca di un soggetto degno di essere fotografato. Anche l’amatore cerca il tramonto, il fiore, il sorriso. Ma ultimamente mi sto allenando a dirottare il mio sguardo in quesi soggetti non selezionati non tanto dalla fotografia ma dalla visione stessa. Mentre ti parlo vedo dietro il pc una piccola macchia sulla parete. Ecco potrebbe essere il soggetto di una fotografia di questa serie. Così come una traccia di luce al mattino, o la vespa che trovo sul marmo di uno scalino.
“Ah ecco su cosa è poggiata, me lo stavo chiedendo”
“Scendevo da casa per andare a lavorare ed eccola, raggomitolata in modo monumentale. In altri tempi non ci avrei nemmeno fatto caso. Invece sto individuando le situazioni temporanee che mi toccano come il punctum di Barthes di cui mi parlavi, ma un puncutm che arrivi non dalla fotografia ma dalla stessa realtà. Vedere il mondo come una grande fotografia in tempo reale… il sogno di un semiologo o di un poeta vedere il mondo come un racconto e sottolinearne dei passaggi apparentemente inespressivi ma che mi colpiscono narrativamente. La serie si chiama Provvisorio Persistente”
“E anche quest’altra fa parte della stessa serie? E’ la seconda immagine che più mi ha colpito. Mi ricorda una precisa scena di Nostalghia di Tarkovskij, quando il protagonista, il poeta si trova a Bagno Vignoni e va a casa del folle. La telecamera molto lentamente indugia nella descrizione della casa e, in una stanza, a terra ci sono delle pozzanghere che riflettono delle immagini, quasi un mondo, un altro mondo… E questa foto mi sembra una delle immagini che si potrebbe riflettere in quella pozzanghera, come l’accesso a un’altra realtà, a un altro mondo.”
“Questa foto è un finestrino di un treno. Ero in viaggio e ad un certo punto il sole è sbucato dagli alberi e ha sottolineato delle macchie sul vetro. Questa è una serie nata in silenzio, quasi da sola. Non ero abituato ad avere una vera fotocamera in quello che per me è essenzialmente un telefono così ho iniziato a fare almeno una foto al giorno… un tempo giocavo con Snake oggi con la fotocamera. Le foto nascevano espressamente come stato di WhatsApp quindi come insetti erano immagini che avevano la durata di 24h. Ad un certo punto però a furia di fotografare ho iniziato ad interrogarmi su quello che stavo facendo. Oggi siamo ad una vera rivoluzione nella fotografia, perchè fotografare con lo smartphone risponde ad una necessità che è temporanea. Si fotografa per comunicare brevemente e una volta vista la foto non è necessario riguardarla. Si cancella, al massimo si mette un like, si condivide ma si consuma all’istante tra un meme ed una battuta e tutto si svolge sulla rete, nell’etere. Ho pensato di fare invece un percorso inverso e stamparle: partire dalla fotografia nata espressamente per il social e con le regole di lettura del social e portarle nella vita reale. E’ una sorta di seduta spiritica ed io sono il medium. Evoco qualcosa che vive nell’etere e la porto nella realtà. Fra l’altro uso Instagram come una pellicola”
“In che senso?”
“Io fotografo con lo smartphone per il mio stato WhatsApp. Poi alcune immagini le posto su Instagram il cui algoritmo automaticamente le riduce e le uniforma dandogli una sorta di timbro, come una pellicola che dà un preciso timbro rispetto ad un’altra. Da Instagram la scarico, la stampo e la incornicio… La cosa che mi colpisce è, partendo dalla stessa fotografia, quanto cambi la percezione in base al formato. E così la foto nata su instagram con dinamiche social stampata diventa all’istante qualcosa di non più temporaneo. Da “gioco” on line diventa cosa seria, “lavoro” artistico. Non c’è nulla da fare la fotografia è una caccia di feticci che richiede il possesso fisico
Devi sapere che io spesso utilizzo la fotografia, ma non mi definisto un fotografo e forse non lo sono. Quando espongo delle fotografie queste sono frutto di una riflessione sul mezzo, che ho studiato teoreticamente. Se espongo una foto è in realtà un lavoro concettuale che riflette sulla fotografia. Per esempio se prendiamo la foto Goal del 2005, quella che poi finì sulle copertine degli elenchi telefonici selezionata da Luca Beatrice, non è un semplice omaggio ai futuristi, ma risponde ad un’ipotesi. La fotografia è stata inventata (o scoperta) nel 1839. Da subito si è attestata come una ricerca dell’istante da fissare. Poi negli anni 20 i fratelli Bragaglia con il fotodinamismo hanno tentato una rivoluzione. Hanno detto “d’ora in poi le fotografie dovranno riprendere il movimento e non devono più essere statiche”. Non era uno stile nuovo ma una rivoluzione in pieno spirito futurista che non è andata a buon fine. Ma mi sono chiesto, se invece avessero vinto, se fossero riusciti a convincerci che la foto non è l’istante decisivo ma il fissare il movimento, oggi come sarebbero le foto comuni? Ed è così che è nata la serie. Quella che vedi non è un semplice omaggio ai futuristi ma è una perfetta foto di calcio presa da un mondo in cui la rivoluzione dei Bragaglia ha vinto. E riflettere sull’istante o sul movimento è riflettere sulla fotografia. Oggi siamo andati oltre anche all’idea di istante decisivo e c’è chi parla di istante iper-decisivo ossia non c’è un’immagine simbolo di un evento ma una somma di tutte le immagini a disposizione prese da angolazioni diverse (un nuovo cubismo).”
“Interessante, ma infatti nei tuoi lavori vedo una sorta di doppio registro… dark cinematografico ma allo stesso tempo anche molto pop,… Descritta così sembra quasi che si possa parlare di un concettualismo pop, vedo anche una bandiera con i pop corn tra le foto”
“E’ vero, pop è un termine che forse mi descrive più di altri. Anche quando vorrei essere più criptico finisco sempre per essere pop. Comunque la bandiera è uscita da un sogno, sono veri pop corn”
“Ma davvero? Non è una ricostruzione con photoshop?”
“No, quello è un oggetto fisico, Ho verniciato ogni pop corn a mano! Sono molto legato ai sogni, di solito sogno storie complete che poi trascrivo. A volte sogno opere come in questo caso…. assurdo, ero in un cinema e vedevo un film di Andy Warhol, qualcuno spingendomi mi ha fatto rovesciare tutti i pop corn che però cadendo hanno formato la bandiera Usa! Una perfetta opera pop. Anche il giardino da polso è un’opera sognata. E’ legata a un amico che purtroppo non è più con noi, Arcangelo Moles, un artista geniale, con una visione del mondo poetica e molto profonda. Quando lo andavo a trovare era una miniera di stimoli. E una notte sognai che indossava questi bracciali con un giardino dentro perchè il vero gioiello era la natura. Un concetto molto Molesiano. Questi due oggetti appartengono al periodo Ellepluselle, un gruppo artistico che fondai con l’artista Carmen Laurino e con cui facevamo soprattutto performance”
“Come sei passato dalle fotografie all’azione?”
“Sempre da una riflessione sulla fotografia, o meglio sul ritratto. In occasione di Voyage Voyage la personale fatta nel 2009 all’Open Space di Catanzaro a cura di Silvano Manganaro. Presentai The Drawer Book, una serie fotografica che era già una performance. In pratica ho fotografato i cassetti personali di alcuni amici, aperti all’improvviso. Poi ho spedito questi scatti ad alcune persone (di nazionalità diverse) a cui ho chiesto di descrivere il proprietario del cassetto con un unico aggettivo nella propria lingua. Nessuno dei coinvolti si conosceva. Stavo studiando il ritratto fotografico concettualmente e volevo fare un ritratto reale ossia una foto che rispondesse all’esigenze del ritratto (quindi descrivere intimamente ed inequivocalmente il soggetto) ma in assenza del soggetto. Ho provato riprendendo gli oggetti personali.
In quella occasione ho presentato anche Greeting From, la prima performance documentata (la mia prima azione in assoluto fatta in epoca universitaria non ebbe successo) e fu anche la nascita del progetto Ellepluselle. Avevo preparato delle cartoline della mostra come multipli numerati. I fruitori potevano compilarle con messaggi privati, poi li firmavamo, affrancavamo e spedivamo. Mi piaceva che un mio lavoro potesse veicolare un messaggio privato. Diventare intimo. Mi piaceva che l’opera diventasse a tutti gli effetti del fruitore. In questa operazione mi aiutò Carmen Laurino, un’artista specializzata nel cinema live una sorta di punto d’incontro tra cinema e teatro. Decidemmo così di fondare Ellepluselle con l’idea di fare performance e micro installazioni che coinvolgessero il pubblico direttamente. ”
“Aspetta, non ho capito: quale performance non ha avuto successo?”
“Una del 2001 che ho fatto con le 1000 Lire. Ero in fissa con Duchamp e volevo salutare la Lira che l’anno dopo sarebbe uscita di scena. Ho così preso 50 pezzi, ho annotato i numeri di serie, ho messo un baffo citando L.H.O.O.Q. di Duchamp e poi le ho smerciate. Nella mia idea, molto romantica, era un’ipotesi, un’opportunità. Se avevi la sensibilità di accorgerti dell’intervento artistico avresti avuto tra le mani una piccola opera di un artista emergente, altrimenti un semplice pezzo di carta del valore di 1000 lire. Un pò pillola rossa pillola blu di Matrix (gli anni erano quelli), da una parte un universo codificato e con un valore letterale, dall’altro un mondo fuori dai codici e fuori dalla scala dei valori.
” E perchè non ha avuto successo? In che senso?”
“Era una performance non annunciata e quindi nessuno se ne accorse. Alcune le ho regalate ad amici a Natale, ma penso che anche loro le abbiano spese ah ah ah ah….
“Io l’avrei conservata”
“Purtroppo non credo di averne ancora. A me piace molto vedere come il pubblico reagisce ad un lavoro artistico. Se prendo un lavoro artistico e lo metto nella vita reale come reagisce la gente? Tu magari ti aspetti delle reazioni ma ne hai altre. Una cosa del genere mi è accaduta nel 2016 a Lucera. Ho partecipato a Miserere, una mostra a cura di Salvatore Lovaglio. Eravamo sette artisti ed ognuno esponeva in una chiesa un’installazione ispirata alle sette opere di misericordia. Io dovevo rappresentare “visitate i carcerati” e presentai due cassette che contenevano una serie di scatti fatti durante un corso di fotografia tenuto presso il carcere minorile. Alla fine della mostra, quando andai a ritirare l’installazione, ho avuto una sorpresa incredibile: le foto erano tutte scomparse, e nelle cassette al loro posto c’erano delle offerte! I fedeli avevano scambiato le cassette come offertori e preso le foto in cambio di un’offerta. Una reazione incredibile che ha trasformato l’installazione in una performance!”
“Ah ah ah ah e cosa hai fatto con i soldi?”
“Ah ah ah … li ho lasciati alla chiesa…. “
“Comunque il mondo dell’arte a volte è troppo autoreferenziale e distante dal mondo reale. Spesso non si pensa neanche di coinvolgere il pubblico e anche in alcune performance agisce solo da spettatore non è mai protagonista”
“Si a me spiace che spesso quando si parla d’arte la prima reazione è non me ne intendo d’arte. C’è dall’inizio un precludersi una possibilità per un’autoinflitta insufficienza di competenza e di conseguenza un vedere l’arte come qualcosa di incomprensibile e in fin dei conti noiso. E’ un peccato. Per dire se ti piacciono o meno i Kraftwerk non devi conoscere la biografia di Mozart o conoscere il minimalismo americano. Ellepluselle nacque prorprio come indagine sul pubblico. Abbiamo cercato di renderlo assoluto protagonista. Eravamo come un gruppo punk che faceva salire il pubblico sul palco e gli cedeva il microfono. Prendiamo la performance TK18. Una stanza in cui veniva proiettato un video a cui si poteva accedere singolarmente. Lo spettatore entrava, avviava un lettore dvd, ed assisteva al video. Il punto focale era che l’ingresso a questa proizione era vietato a curatori, critici ed adetti ai lavori. Questi per conoscere il video dovevano intervistare i fruitori. Mi colpiva notare che questi se all’inizio erano titubanti quando si rendevano conto di essere loro i depositari dell’opera diventavano spavaldamente protagonisti, sfidavano quasi i curatori. Noi riprendevamo le loro risposte e poi facevamo delle pillole video pubbliche”
“Interessantissimo, ma dove si può vedere questa performance? Ci sono documenti?
“https://www.youtube.com/watch?v=Ma7kGTYp3Y8 qui c’è la performance fatta nel 2013 per il Loop di Barcellona, uno dei video festival più importanti in Europa…. ci contattò Principio Activo un collettivo di curatori … a cui non è stato permesso vedere il video!
Oppure con ID abbiamo trasformato gli spettatori in galleristi. ID è una scatola che contiene tutto il materiale per fare una personale nel salone di casa propria: 10 opere (dei paesaggi mentali già esposti anche nella mostra Lovisco al Quadrato a cura di Aldo Colella), un testo critico a cura di Luca Giocoli, un comunicato stampa, e le istruzioni per montare la mostra.
“Fantastico”
“Era un kit dinamico: la mostra doveva durare almeno un giorno e doveva essere aperta a tutti con ingresso libero. La famiglia ospitante doveva poi inviarci le foto del vernissage, e la mostra assumeva autenticità finendo nel cv artistico tra le mostre fatte. Ecco perchè andando a spulciare l’elenco delle mostre che ho fatto tra gallerie e musei compaiono tre famiglie.
Questo progetto è stato presentato nel 2011 durante una residenza artistica a Tratalias nel Sulcis e poi è stato esposto al MACC di Calasetta a cura di Erica Olmetto.”
“Come si è svolta questa residenza? Avete contattato delle famiglie e avete portato questo kit”
“No, se ne è occupato di tutto la cooperativa Sémata che ha curato perfettamente la residenza. Hanno fatto un bando a Calasetta a cui hanno risposto tre famiglie”
“Ma voi siete andati a fotografare?”
“No, tutto si è svolto in totale autonomia. Le famiglie hanno ricevuto il kit e fatto la mostra in base alle indicazioni. Anche per la documentazione fotografica, come richiesto, ci hanno pensato le famiglie stesse. Figurati che in un occasione ci trovavamo a Calasetta e siamo andati ad una di queste mostre senza rivelare che fossimo gli artisti. E’ stato emozionante entrare in una casa privata, e ascoltare mentre ci illustravano la mostra. Arrivammo quasi in chiusura, c’era stato anche un piccolo buffet. La proprietaria di casa era molto soddisfatta, ci diceva che aveva avuto paura che non venisse nessuno, ed invece la mostra aveva avuto successo,erano passati dei turisti. Le stesse paure di qualsiasi gallerista! Altro che arte non universale. Al MACC poi nella mostra Gesto Segno Disegno a cura di Erica Olmetto presentammo su un tavolo il kit aperto e alle pareti le foto fatte nei vari vernissage”
“Ho visto anche un cubo di Rubik”
“In realtà è un cubo di Kubrick, una mini installazione del 2010 fatta per un cinema. In ogni facciata c’è un film di Kubrick”
“Ah si sto vedendo eys wild shot, 2001 Odissea nello Spazio…”
“In realtà quella è una foto del vero sbarco sulla Luna. Il cubo è un omaggio al complottismo… sai che io vedo i complottisti che senza saperlo sono degli hacker della realtà. Un hacker entra in un softwer e ne modifica dei codici per costringerlo a funzionare diversamente. I complottisti fanno lo stesso ma con la vita. Di nuovo torno a leggere la realtà come narrazione. Il complottista variando dei codici ci spinge a leggere diversamente un evento, a modificarne la nostra percezione e quindi la funzione dell’evento stesso”
“molto interessante, questo tuo doppio registro di fare cose molto pop che però sono concettuali”
“E si, vero. Devo dire anche che con Ellepluselle l’intento era proprio smaccatamente pop. Il nostro obiettivo era essere attraenti anche per il pubblico dei non addetti ai lavori anche nelle installazioni. Inferno 26 fatta nel 2012 per il prestigioso Città 100 Scale Festival ad esempio era una riflessione su Dante e sul teatro presentata come una sorta di gioco interattivo. La foresta dei sempreverdi fatta a Bologna nel 2011 per il BOtanique Festival organizzato da Estregon, era immaginata per ricorpire un bosco con dei libri verticali. Ogni albero un libro, la cultura come riserva naturale”
“Le spillette? Hanno assonanze con il cubo di Rubik?”
“Quelle in realtà sono ritratti su spilla. Derivanano dal mondo musicale. La musica è una mia grande passione, sia perchè collaboro con alcune riviste (tra cui Blow Up) come fotografo di concerti, ma anche perchè suono, anzi presto uscirà per Collettivo D’Autore un mio ep come LOVEISCOIL”
“Ah si? E quando?”
“Poi ti farò ascoltare delle tracce in anteprima…. la spilletta è un oggetto prettamente musicale. Fa parte del merchandising di ogni gruppo che si rispetti. E’ a tutti gli effetti fotografia da portare sempre con se, un pò come i ritratti in miniatura di Disderì. Però io ho sostituito agli idoli musicali i miei idoli reali, i miei amici. Anche queste nascono da una riflessione sulla fotografia in un momento in cui ero saturo, ed eccetto per i concerti, non volevo più fotografare, nel senso di fotografia canonica stampata ed appesa. Per Intramenia ad esempio, mostra fatta al Museo Provinciale nel 2017 volevo iniziare a lavorare sugli inediti presi da vecchie pellicole. Trasformarmi da operatore fotografico in cercatore d’immagini, rovistando vecchi negativi e presentando foto fatte quando il digitale non era neanche immaginabile. Ho selezionato due immagini fatte nei ’90 da presentare come fossimo negli anni ’90. Alla fine poi ho deciso invece di distruggere queste precise immagine e presentare la descrizione delle stesse. Lasciare che fosse il fruitore a ricostruirle con la proria immaginazione. Renderlo attivo, immaginare un’opera partendo dalla descrizione della stessa. Questo processo mi ha fatto pensare a quando a 18 anni rimasi affascinato dalla descrizione della musica futurista e dalle sperimentazioni minimaliste. Solo che a Potenza era pressocchè impossibile reperire questi album e così mi mettevo di notte e provavo a comporre io la musica futurista a partire dalle descrizioni. Per Intramenia sono andato a recuperare questi miei esperimenti li ho incisi su un vinile che era possibile ascoltare durante la mostra. Fra l’altro proprio utilizzando il giradischi che usavo a 18 anni”
“Ma quello della foto vicino al giradischi sei tu?
“Si, io a 19 anni! Un salto nel passato”
“Incredibile, ma dove si può ascoltare questo vinile?”
” È a copia unica, quindi per ora solo a casa mia ah ah ah, ma qui ho caricato un pezzo
http://www.massimolovisco.com/locchiodellamadre.mp3
Intramoenia è stata una riflessione sul tempo e sul digitale. Ho voluto partecipare alla collettiva con opere che non fossero digitali e che riflettessero sul senso del tempo e dell’assenza. Anche la descrizione delle foto è stata fatta con la macchina da scrivere e non stampata.
Il terzo lavoro che presentai era una riflessione esplicita sul tempo. Nel 1983 un matematico, Brandon Carter, arrivò ad ipotizzare che l’umanità arriverà ad estinguersi nel 10000. Lui era un matematico quindi applicò semplicemente la legge della distribuzione dei grandi numeri al numero degli umani comparsi sulla Terra dal primo uomo ad oggi. Era un esempio fatto in un convegno di matematica, non voleva essere una teoria con basi scientifiche. Ma la cosa mi ha affascinato ed ho così creato un calendario del 11976 perfettamente funzionante, comprensivo di fasi lunari, che però nessuno potrà mai consultare.
“Una bella riflessione, molto dark, questa volta.”
“Si ma in effetti hai ragione il doppio registro è sempre presente in me! Negli stessi giorni di Intramenia presentavo Explorateurs un’installazione all’apparenza molto pop fatta per la Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata in cui mi sono interfacciato con migranti e rifugiati. Un progetto che mi ha coinvolto molto a livello emotivo…. ho condensato in tavoli tematici la nostra realtà filtrata da persone che loro malgrado hanno dovuto lasciare il proprio quotidiano, viaggiare con tutti i rischi in terre lontane e sconosciute diventando esploratori contemporanei. Ma mi ha colpito il senso di ospitalità ricevuto nell’essere accolto nel loro universo.”
“Senti Massimo, alla fine ridendo e scherzando abbiamo fatto due ore di conversazione. Che ne diresti magari di riprendere domani? Come vogliamo organizzarci?”
“In effetti il tempo è volato. Io allora provo a sbobinare tutto e trascrivere tutto o quasi. Te lo invio e poi tu mi dici come procedere”
“Ok lo leggo e ti dico. Poi nel caso domani ci possiamo anche sentire e integrare”
“Non penso ci sia necessità di integrare, alla fine abbiamo detto tanto. Comunque domani ti dico. Buona serata, io mi metto un pò a leggere”
“Grazie, io ho ancora un po’ di lavoro. Buonaserata a te e a domani”.
Massimo Lovisco (Potenza 1976) si è formato al Dams arte dell’Università di Bologna dove si è laureato in psicologia dell’arte e ha collaborato per testate musicali come fotografo.
La sua ricerca, partita dallo studio della fotografia come processo sensoriale, è approdata alla realizzazione di progetti ed installazioni site-specific che vanno oltre la materialità dell’opera incentivando il fruitore ad essere parte attiva del lavoro. Interessato allo studio delle relazioni e delle reti emozionali tra le persone è fondatore di Amnesiac Arts, associazione che si occupa di ricerca e diffusione dell’arte contemporanea. La sua attività artistica è incentrata anche sui suoni (ambientali e sintetizzati) e sulla sperimentazione musicale
Massimiliano Bonomo
Sé stesso come un altro. È nato già con la casa ipotecata. Ha collaborato con Galvani, procurandogli le rane che andava a rubare nel Lago dei Cigni. Si è occupato di reclutare volontari per le macchine anatomiche per Raimondo di Sangro. Ha combattuto al fianco di Napoleone e Lawrence d’Arabia, perdendo sempre tutto. Ha partecipato alla residenza artistica “What jail is like” a cura di Minniti e Salvini al Cara di Mineo, dove ha realizzato una mammella gigante che offriva fiele ai migranti. Col collettivo Pinco Pallino ha vinto il premio internazionale “Marameo”. È un apprezzato collezionista di malattie. Si nutre di insetti e piccoli roditori. Vive di espedienti e piccoli furti tra Narnia, Mompracem e Oz. Chi legge le sue parole le sta inventando. Massimiliano Bonomo?