Sono circa venti le opere esposte, tra quelle più propriamente pittoriche, bianche o scure con riflessi argentati o metallici, per accedere agli effetti di una pittura a sfondo infinito e quelle coloratissime del ciclo Stripes, con strisce verticali, in cui l’injection painting, tecnica inventata da Marcello De Angelis, produce volumi virtuali.
Realizzate con la medesima tecnica sono in mostra anche cicli più propriamente concettuali, come i Codex, i Time Frame e i gli Annali, in cui è il tempo l’oggetto della ricerca dell’artista.
La tecnica dell’injection painting si contraddistingue da diversi anni nel panorama nazionale e internazionale, consentendo all’artista di raggiungere una profonda fusione tra vuoti e pieni, un equilibrio quasi antigravitazionale tra la plasticità delle forme e una profondità spazializzante. Il rilievo di colore acrilico, realizzato con una siringa da iniezione (di qui il nome di injection painting), affiora dalle tele apparentemente nude, piatte e monocrome, quasi fossero vuoti muti, interrotti però dalla precisione di questi micro-elementi plastici, che materializzano forme in smisurate profondità di campo. Con effetti visivi stupefacenti, è proprio la rivelazione di un’inaspettata profondità virtuale delle tele monocrome a restituire le plasticità dell’injection painting in primo piano.
Le forme di De Angelis sono regolari, le linee compositive prevalentemente curve e nette, studiate in un compendio di equilibri, simmetrie, asimmetrie e calcolati brillamenti. Ogni particolare è progettato con un programma di modellazione, suddividendo il processo di creazione nelle due fasi di composizione ed esecuzione. L’accadimento, poi, della lentissima e meticolosa tecnica pittorica, segue delle vere e proprie dime (i progetti stampati su carta), rievocando la tecnica rinascimentale dell’affresco, per il trasferimento delle immagini dai cartoni preparatori all’intonaco. Se nella cosiddetta tecnica “a spolvero”, i cartoni venivano bucherellati affinché la polvere di carbone passasse sull’intonaco fresco, ora De Angelis pratica dei piccoli tagli sulle sue dime, per seguire con la siringa le disposizioni delle linee progettate.
In mostra sono presenti anche alcune opere della recente ricerca denominata mould painting. In una sorta di procedimento calcografico, l’artista realizza delle vere e proprie “pelli” rugose di colore acrilico, applicate sulle tele a larghe bande verticali, o come vasti e silenti rettangoli (come nel ciclo dei Sigilli presenti a Palazzo Libera). Da un punto di vista spaziale queste campiture rappresentano scansioni ritmiche, primi piani, soglie aperte su vasti scenari e infiniti orizzonti.
In mostra sono anche il ciclo Codex e un’unica piccola opera della serie dei Time Frame, che dà il titolo alla mostra. In questi due recenti cicli, l’artista realizza sequenze di opere di piccola dimensione, in cui integra nel suo processo compositivo particolari codifiche binarie.
I Codex sono registrazioni del tempo, in cui l’artista codifica le settimane, i giorni e i colori, che via via utilizza nella realizzazione delle sue opere. Il risultato sono dei grandi polittici dal sapore antichissimo e futuristico insieme, iscrizioni pullulanti e apparentemente indecifrabili, in cui si manifestano e restano gli anni.
Con la stessa codifica binaria, poi, De Angelis realizza i Time Frame, in cui anche i dati personali e i gusti timbrici dei committenti divengono parte delle opere.
Chiudono la mostra alcune opere di piccole dimensioni gli Annali, che raccolgono gli scarti di colore che restano sulle siringhe quando l’artista lavora. Anche queste sono opere eminentemente legate al tempo. Sono anzi il tempo stesso, che, in una sorta di geologia, deposita stratificandolo il colore che ogni anno resta come vita intorno alle opere e all’artista.
Marcello De Angelis è nato nel 1977 a Villafranca di Verona dove attualmente vive e lavora.
Dopo aver conseguito la maturità presso il Liceo Artistico Statale di Verona, nel 2003 si laurea in Disegno Industriale presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, con una tesi sul Modello gestionale di un museo del design per parchi tematici.
A Milano coltiva i suoi primi interessi in ambito artistico, venendo a contatto con numerosi artisti e galleristi ed inizia a concepire una propria forma espressiva.
Nell’agosto del 2001 De Angelis scrive il suo primo manifesto artistico col nome di Neo-spazialismo in cui afferma: “Il passaggio del tempo e la ridotta analisi nell’evoluzione delle tappe della civiltà, ha portato la civiltà stessa verso una forma di immaginario post mediatico in cui tutto è imposto all’uomo in maniera contaminata e condizionata, nel quale non è possibile esprimere opinioni proprie. Il concetto di globalizzazione, nato dal tentativo di imbrigliare e imbavagliare la natura, ha portato ad un’analisi percettiva della realtà, in cui l’acquisizione delle informazioni avviene in maniera prevalentemente sintetica anziché analitica. Critico questa forma di riduzione in forme basi ed essenziali dell’essere e dell’individuo, portato ad un grado schematico della naturalità logica che induce ad un’atrofizzazione delle forme d’indagine del pensiero.”
Questa indagine teorica induce l’artista ad utilizzare la cerniera lampo come elemento simbolo della propria poetica. Dagli inizi del 2001 De Angelis comincia la sua ricerca pittorica con la creazione di una personale tecnica sperimentale, definita injection painting, che consiste nel dipingere mediante l’uso di siringhe da iniezione. Nascono le isole della memoria. Nel febbraio del 2002 realizza “The First Lady”, un’installazione realizzata dall’unione di un burqua afgano e di quattro bandiere americane. Nel luglio dello stesso anno viene invitato alla mostra milanese “Dieci artisti da riconoscere”, in cui espone assieme ad altri nove artisti tra cui Ben Ormenese, Beppe Bonetti e Franco Costalonga. A novembre viene selezionato all’86.ma collettiva Bevilacqua La Masa di Venezia. Agli inizi del 2003, in occasione della mostra “L’Assenzio”, De Angelis realizza un’installazione concettuale intitolata “La morte di Dio”, composta da una sfera di cristallo e 666 cerniere nere. Nello stesso periodo inizia una scultura in gesso raffigurante La Pietà, al momento incompiuta.
Nel febbraio 2004 partecipa con una sala personale alla collettiva “Burned Children of America” presso la Fondazione Villa Benzi Zecchini di Caerano San Marco (TV). Per l’occasione espone per la prima volta le due opere “Like an eagle”, composte da una bandiera divisa a metà da una cerniera che “unisce/divide” mezza aquila americana con mezza aquila irakena. Scrive il suo secondo testo critico intitolato “La realtà immaginata o The burqa way of life” da Mc Luhan ai mille villaggi quotidiani, in cui denuncia: “siamo sempre più condizionati dai media, nutriti dalle immagini eteriche del tubo catodico, da pixel e da bit informatici e siamo così ossessionati dal tempo, scandito da ritmi meccanico-consumistici, che non ci accorgiamo della realtà in cui viviamo. è la chiusura che cerco e che esprimo nelle mie opere con la cerniera lampo; ma non intesa come estraniazione individuale dal mondo che mi circonda, ma pensata come apertura ad una realtà spirituale e logica”.
A ottobre dello stesso anno De Angelis partecipa al 4° Premio Nazionale di Pittura e Scultura Città di Novara in occasione della quale viene premiato con la Targa Liceo Artistico Statale F. Castrati. La sua ricerca artistica arriva dunque a una svolta e iniziata un nuovo ciclo artistico chiamato Genesi: realizza opere in cui la cerniera lampo viene dipinta anzichè applicata. Decide di abbandonare la cerniera lampo come elemento oggetto per trasformarla in elemento simbolico-pittorico. La tela viene caricata di nuovi significati e viene messa in risalto la luminosità della superficie.
Nel 2005 intende portare a compimento il progetto Genetic, che dura ormai da quattro anni; esso è costituito da uova di gallina modificate a livello formale con acidi naturali, come denuncia verso la manipolazione genetica.
Negli ultimi anni si susseguono mostre personali alla Galleria La Torre di Milano, “L’ordine della materia” a cura di Filippo Conte e Irene Disco (2006), e alla Galleria PoliArt sempre a Milano, a cura di Leonardo Conti, “Injection painting” (2009) e “L’orizzonte degli eventi” (2012
INFO
Dal 06 Giugno 2020 al 19 Luglio 2020
VILLA LAGARINA | TRENTO
LUOGO: Palazzo Libera
INDIRIZZO: via Garibaldi 12
ORARI: Venerdì, sabato, domenica e festivi 10.00 – 18.00
CURATORI: Leonardo Conti
ENTI PROMOTORI:
- Comune di Villa Lagarina
COSTO DEL BIGLIETTO: ingresso gratuito
TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 0464 494202
E-MAIL INFO: cultura@comune.villalagarina.tn.it
SITO UFFICIALE: http://www.comune.villalagarina.tn.it