Intervista di Anna R.G. Rivelli estratta dalla rivista Sineresi n. 1
Chi è Alfredo Rapetti Mogol?
È una persona che ha scelto la scrittura come suo mezzo espressivo; da una parte la forma canzone, dall’altra il segno della scrittura, la forma del pensiero attraverso la sua rappresentazione grafica.
Tu sei nipote e figlio d’arte, hai scritto canzoni bellissime e di grande successo, ma sei anche pittore. Che rapporto c’è tra queste due forme espressive? Il fatto che usi il tuo nome vero da pittore ed uno pseudonimo come paroliere vuol dire qualcosa? Il tuo io più profondo è nella pittura?
No, non mi sento più pittore o più scrittore; lo pseudonimo lo ho usato per differenziarmi da mio padre cosi come mio padre lo aveva fatto con mio nonno, anche lui altro grande autore. Per la pittura, essendo un altro campo, mi sono permesso di usare il mio nome vero e completo, anche se inizialmente mi firmavo solo Alfredo Rapetti; ho aggiunto in seguito anche Mogol perché mio padre ci teneva molto.
In molte tue opere la scrittura resta protagonista. Credi nella possibilità di dialogo tra le varie forme d’arte?
Sì, assolutamente, di dialogo e anche di amplificazione reciproca, di sinergia; molte volte faccio delle installazioni dove c’è un supporto sonoro, lavoro di solito con giovani musicisti del Conservatorio.
E nel dialogo tra l’arte e la quotidianità? Quanto secondo te l’arte può trasformare la vita di chi la fa e di chi ne fruisce? Qual è la sua missione?
Il dialogo con la quotidianità è continuo e l’arte è sì capace di trasformare la vita; quella di chi la fa sicuramente, perché io ho solo voglia di svegliarmi al mattino per andare in studio a lavorare, quindi per me è terapeutica perché poter creare bellezza è assolutamente un privilegio; poi la bellezza, l’arte è un antidoto alla violenza, all’ignoranza, a derive autoritarie, religiose, comunque assolutiste. L’arte è una possibilità di intendere l’uomo nella sua dimensione più spirituale. Io coniugo sempre l’arte con la spiritualità e credo che l’arte vera possa e debba sempre portare ognuno di noi a fare un passo avanti, ad essere migliori. E credo che la bellezza sia salvifica; la bellezza, la cognizione della ricerca della bellezza e la sensibilità per poterla apprezzare; ma bisogna anche essere un po’ preparati a vedere e ascoltare la bellezza, specie con l’arte contemporanea.
E con le Istituzioni? L’arte può dialogare con le Istituzioni, o meglio, le Istituzioni hanno l’obbligo di dialogare con l’Arte?
Sicuramente le Istituzioni ne hanno obbligo; peraltro credo che l’Istituzione che dialoga con l’arte alla fine ne esce vincente perché oltre a dare molto, riceve anche molto.
A me tocca ringraziarti adesso perché tu hai subito sposato il progetto di Sineresi, nonostante il nostro sia stato un po’ un appuntamento al buio visto che Sineresi è ancora così giovane.
Io credo che l’umiltà, l’apertura mentale e la disponibilità debbano sempre caratterizzare chi è considerato artista, ma credo anche che la superficie delle cose prende forma dal suo fondo e quindi subito ho visto già solo nella superficie che c’erano valori che arrivavano dal fondo.
Conosci la Basilicata? Se sì, che idea te ne sei fatta? Se no, quanto ancora aspetterai per conoscerla?
Conosco poco della Basilicata, forse solo Matera; la Basilicata è un oggetto misterioso perché a chi non ci sta appare un po’ sospesa nel tempo. Forse bisogna proprio andarci in Basilicata. Io aspettavo l’invito, ma l’invito ora c’è e quindi verrò prestissimo!