Articolo di Antonio Giganti estratto dalla rivista Sineresi n. 1
La chiesa rupestre di Oppido Lucano, dedicata a Sant’Antonio abate, conserva un ciclo pittorico del secolo XIV di notevole interesse artistico e storico, oltre che suggestivo e di grande fascino. Orientata a sud-est, fu costruita a circa un chilometro dal centro abitato nei pressi di un’antica sorgente d’acqua dolce, lungo la strada che da Oppido conduceva a Genzano, Irsina e Gravina. Scavata in parte nella roccia, fu descritta per la prima volta nel 1962 da Alba Medea.
La documentazione più antica della chiesa rupestre “Sant’Antuono” di Oppido Lucano è il ciclo evangelico, che al tempo della Medea si presentava “ben conservato, anche se di epoca tarda e di carattere popolare”, la cui narrazione evangelica visiva comprende l’intero corso storico della vita di Cristo e della Vergine con il trionfo dei due personaggi chiave della fede cattolica.
Che gli affreschi siano nati in ambiente monastico antoniano lo si deduce soprattutto dalla ricorrenza del segno Tau in più punti, sia nelle croci dei due ladroni accanto al Cristo crocifisso, sia nel bastone di San Giuseppe che conduce la sua famiglia in Egitto.
Il ciclo evangelico è da collocarsi fra la terza e la quarta decade del secolo XIV. Nel ciclo figurativo l’espressione icastica dei personaggi che accompagnano la crocifissione sembra riflettere ciò che serpeggiava all’interno della cristianità del tempo intorno al valore e al senso delle spedizioni belliche contro i turchi.
Nella sequenza evangelica di Sant’Antuono il movimento dei personaggi non è di oltraggio ma di sottomissione profonda, come in quel militare che indica col dito la figura vincente del Cristo crocifisso e sembra alludere all’espressione del buon ladrone “veramente costui era il figlio di Dio”. La scena non è pertanto di condanna, ma di esaltazione e i soldati sono lì in atteggiamento di soggezione e di sottomissione, avendo deposte le lance. Il frescante sembra annunziare la conclusione delle lotte contro i Turchi che ostacolavano l’avanzata dei Crociati. Tutti alla fine avrebbero deposto le armi accostandosi al Crocifisso, anche perché vi erano interessi economici da difendere con trattative e non con le armi.
Anche l’immagine di Longino risente delle leggende che circolavano intorno al personaggio. Longino, riconosciuto dalla tradizione nel militare che trafisse il costato di Cristo con la lancia, fu canonizzato il 2 dicembre 1340. Nell’affresco di Sant’Antuono non è assimilato agli altri militari, ma è raffigurato in abiti squisitamente monastici. Segue la deposizione con la figura della Vergine aiutata da un personaggio femminile. A sinistra della croce s’intravede appena San Giovanni e la scala, uno dei simboli iconografici della crocifissione, con la deposizione del corpo di Cristo nel sepolcro vegliato da un orante.
L’autore, le cui origini possono collegarsi alla partecipazione di elementi locali alle crociare, nonostante le assonanze con la cultura pittorica del suo tempo, si allontana dalla fissità tipica delle raffigurazioni bizantine e il suo pennello si avvicina sempre più all’uomo e alle sue esperienze esistenziali, per cui mostra di trarre molti dei suoi elementi dalla vita umana vissuta ogni giorno. Conosce pertanto le correnti pittoriche del suo tempo, dalle tradizioni bizantine all’arte del Cavallino, traducendole in termini più popolari e rendendo il suo linguaggio più idoneo ad essere ascoltato dalle comunità che frequentavano il cenobio di Oppido Lucano.
A San’Antuono, nel cunicolo opposto a quello della Natività è affrescata una Madonna in trono col Bambino, che la Medea definiva “di minore interesse, perché quasi obbligatoria nelle grotte affrescate, ove difficile non trovarla”. La Vergine è raffigurata con un manto infiorettato color terra e veste rossastra. Il capo coperto con velo bianco decorato con cerchietti e linee scure, abbondantemente panneggiato e ricco di pieghe. La Vergine siede su di un trono riccamente decorato con due cuscini e postergale con disegni a losanghe. Il pittore rispetta in questo caso l’iconografia tradizionale della Vergine regina, dal volto accennante un sorriso. L’icona, come osservava in proposito la Medea, è molto comune nelle chiese rupestri soprattutto della fascia ionica e a Massafra in particolare dove è possibile ammirarne una molto simile a quella del Sant’Antuono di Oppido nella Cripta del Crocifisso o della Buona Nuova.
Nel ciclo pittorico di Sant’Antuono di Oppido vi é un particolare di notevole interesse. Si tratta della figura di Giuda Iscariota, l’apostolo traditore del Cristo nel Getsemani. Nell’affresco di Oppido Giuda è raffigurato insolitamente col nimbo dei santi, sia durante lo svolgimento dell’ultima cena, sia nella raffigurazione dell’arresto di Gesù da parte dei militari romani, sopraggiunti durante l’orazione del maestro con i discepoli nell’orto degli ulivi. In conclusione si può affermare che l’intero ciclo evangelico della grotta di Sant’Antuono, come del resto molte altre opere ancora, non appare soltanto una testimonianza dell’industria umana, ma uno specchio dove un pellegrino reduce dalla Terra Santa ha lasciato il riflesso della sua anima e del suo credo, permettendo di contemplare la sua opera per meglio conoscerla.