In occasione delle celebrazioni per il Giorno della Memoria, dal 27 gennaio al 23 febbraio 2020,il Museo di Palazzo Vecchio a Firenze, accoglie nella Sala dei Gigli l’installazione Il Muro Occidentale o del Pianto di Fabio Mauri, un progetto Museo Novecento OFF ideato e curato dal direttore artistico del Museo Novecento Sergio Risaliti. Fabio Mauri (Roma 1926 – 2009 è tra i maggiori esponenti delle neoavanguardie del secondo Novecento, ha a lungo affrontato nella propria parabola creativa i percorsi delle ideologie e il tema della memoria, interrogandosi sul ruolo del “male” nella storia dell’umanità.
“Se non esistesse il dolore – affermava Mauri – da tempo il linguaggio avrebbe cessato d’esistere”.
L’installazione Il Muro Occidentale o del Pianto è un muro di quattro metri, formato da un cumulo di valigie e bauli accatastati in modo ordinato, di differenti dimensioni e materiali (legno, cuoio, tela). Fu presentata per la prima volta da Mauri nel 1993 alla XLV Biennale di Venezia. In seguito è stata installata nel 2011 al MAXXI di Roma e di nuovo a Venezia alla Biennale del 2013. Di forte impatto, richiama i temi dell’esilio, dell’esodo forzato, delle migrazioni, restituendone varietà e complessità.
“Ci sono opere come Guernica di Picasso o l’Angelus Novus di Klee – dichiara il direttore artistico del Museo Novecento Sergio Risaliti – che più di ogni altra espressione artistica parlano del terrore e della violenza, dello sterminio degli innocenti e della banalità del male, dei mostri della Ragione. A queste aggiungerei Il Muro Occidentale o del Pianto di Fabio Mauri, che alla tragedia della guerra e dell’Olocausto associa quella dell’esodo e dello sradicamento. Le valigie, innalzate come un muro, diventano il monumento alla memoria e al dolore di tutte le vittime del Potere e delle Ideologie nemiche dei diritti e della dignità dell’uomo”.
“Il “Muro Occidentale o del Pianto”, come viene chiamato a Gerusalemme il muro residuo del Tempio di Salomone, è qui riedificato con valige – si legge nel testo dello stesso Mauri che accompagna l’installazione fin dalla sua prima esposizione e che è quindi parte dell’opera -. Tentativo di rappresentare quel necessario muro dell’ideale o della fede intellettuale, fra tutti i bagagli in transito, costretti ad espatriare, o portare con sè identità incenerite. E’ una costruzione di provenienze dissimili che sta in piedi da sola, senza altro sostegno che la propria evidente complessità. Il morbido, il duro, il cartone, il cuoio sono, in questo muro, pietre e persone, un unico collage autoportante. Anche ad Auschwitz uno dei documenti più impressionanti lo edifica un cumulo di valige. Ognuna, nel nome e nell’indirizzo scritto sopra, comporta la certezza del ritorno”.
Se da un lato il muro è uniforme e regolare come una vera parete, dall’altro lato si presenta sconnesso e a volumi variabili richiamando, secondo l’artista “la composizione moderna delle trasmigrazioni” che “Dettate da numerose cause si presentano eccessivamente enigmatiche per essere subito composte e decifrate”.
“Negli anfratti del “Muro Occidentale o del Pianto”, gli Israeliti infilano biglietti di carta con preghiere: relativi a l’anima, gli affetti, ai corpi, al come vivere la vita sulla terra – concludeva Mauri nel testo di accompagnamento all’installazione -. Li ho simulati in un unico rotolo di tela. Una sorta di preghiera dell’arte. Il Muro è il luogo, dicono gli Israeliti, dove Dio senz’altro ascolta: è il luogo del valore, quindi. Vi cresce anche una pianta, segno di un proseguimento di esistenza frammista che le pietre mute e squadrate o le valige vuote e inerti nemmeno loro possono impedire”.
La prima personale di Mauri nel ‘55 alla Galleria Aureliana di Roma è presentata proprio dall’amico Pasolini. Alla fine del ‘57 realizza i primi “Schermi”, la sua versione del monocromo: la ricerca dell’azzeramento che impegna tutti gli artisti più avanzati in quel momento. Ma il monocromo di Mauri contiene già il discorso sul cinema. Lo schermo è la nuova vera “forma simbolica” del mondo e Mauri coglie questo fatto tempestivamente, immediatamente. La forma mentale dello schermo attraverserà tutta l’opera di Mauri. Nel 1964 inizia a riflettere sulla specificità della cultura europea e la individua nell’ideologia. “Ho ripensato la mia biografia e ho pensato che avevo conosciuto una realtà storica forte, la guerra. Avevo rimosso come un grande incidente tutto questo dolore, l’ho riaffrontato”, dice l’artista. Nascono qui le perfomance degli anni ‘70 Che cosa è il fascismo, Ebrea, Gran Serata Futurista 1909 – 1939. La finzione è un ulteriore mezzo di complicità con gli spettatori nell’intento di ricreare una rete di sensazioni tra azione e pubblico. Dal quadro all’azione il passo risulta inevitabile. L’idea fuoriesce dai confini della tela, attraverso atti di un passato non ancora smaltito, e per sempre intollerabile. Emblematiche le due performances del 1971, Ebrea e Che cosa è il fascismo, quest’ultima, nasce a Roma per approdare poi a Venezia (1974), a New York (1979), a Prato (1993) e a Klagenfurt (1997). Al 1994, risale la sua prima retrospettiva alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma), a cui ne seguirà una seconda nel 1997, alla Kunsthalle di Klagenfurt e una terza, nel 2003, a Le Fresnoy (Lille).
Nel 1968 con Balestrini, Sanguineti, Eco, Porta, Barilli, Filippini, Arbasino, Colombo, Manganelli, Giuliani, Costa, Celli, Guglielmi, Pagliarani, Mauri è tra i fondatori della rivista “Quindici”. Negli anni ‘70 l’opera di Mauri si incentra sull’ideologia come soggetto/oggetto degli atti espressivi. Un’analisi critico-ideologica dei linguaggi: nasce il testo della performance Che cosa è il fascismo (1971, Edizioni Krachmalnicoff), seguito dai libri d’artista Linguaggio è guerra (1975, Marani Editore), e Manipolazione di cultura (1976, La Nuova Foglio). Nello stesso anno fonda la rivista d’arte “La Città di Riga” con Alberto Boatto, Maurizio Calvesi, Jannis Kounellis, Umberto Silva. Fabio Mauri intesse la dimensione della performance, allo spazio della storia. Resta indimenticabile l’utilizzo del corpo come schermo ne Il Vangelo di/su Pier Paolo Pasolini, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. E ancor più centrale è Che cos’è il fascismo, straordinaria performance presentata negli Stabilimenti Safa Palatino di Roma nel 1971, in coincidenza con un momento di grave tensione politica.
Di Mauri si possono enumerare importanti temi, formalizzati come opere: lo Schermo, i Prototipi, le Proiezioni, la Fotografia come Pittura, l’Identità sostanziale delle Strutture Espressive, il rapporto indelebile tra Pensiero e Mondo e tra Pensiero in quanto Mondo. L’opera di Mauri, complessa come un saggio storico, diviene un’autobiografia, unitaria nello svolgimento e molteplice nell’attenzione al mondo contemporaneo: un’analisi convissuta tra destino individuale e storia.
Nel 2009, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano lo nomina Grande ufficiale dell’ Ordine al merito della Repubblica Italiana. Muore il 20 maggio dello stesso anno
INFO
Dal 27 Gennaio 2020 al 23 Febbraio 2020
FIRENZE
LUOGO: Museo di Palazzo Vecchio
INDIRIZZO: piazza della Signoria
CURATORI: Sergio Risaliti
ENTI PROMOTORI:
- Comune di Firenze