Foto di Dino Ignani
Intervista della direttrice Anna R.G.Rivelli
Mara, noi di Sineresi ti conosciamo bene perché sei nel nostro staff sin dall’inizio; ma tu sei e fai tante cose, vorremmo farti conoscere meglio dai nostri lettori. Dicci qualcosa di te.
Mi definisco un’amante del testo: scritto,letto, recitato, interpretato, poiché credo davvero la parola sia il fulcro dell’essere umano con la sua infinita capacità di espressione. Dunque sto dedicando la mia vita alla parola: dopo la laurea magistrale in filologia, linguistica e letteratura oggi insegno lettere in una storica scuola del quartiere Prati, a Roma. Scrivo: ho pubblicato due raccolte di poesia e presto sarà nelle librerie la terza. Mi occupo anche di critica letteraria: ho vinto l’edizione 2015 del “Premio Internazionale di Letteratura Alda Merini 2015” con uno studio sulla poetica e sulle carte Merini conservate presso il Fondo manoscritti di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia, allargando poi la ricerca alla rappresentazione manicomiale nella letteratura del Novecento italiano, attualmente il lavoro è pubblicato per i tipi di Lietocolle Libri di Como. Recito: ho iniziato a studiare presto recitazione spaziando dal teatro di prosa al mimo, al teatro danza e oggi mi dedico soprattutto a letture teatrali di testi di grandi autori e all’insegnamento della dizione italiana e della lettura espressiva.
Sei poetessa e attrice: quando hai deciso o quando hai scoperto di esserlo? Com’è avvenuto il tuo incontro con la poesia? E con il palcoscenico?
Questa domanda mi è stata posta diverse volte di recente, poiché alcuni lettori si stupivano della datazione delle poesie della mia prima pubblicazione “Giorni DiVersi”. In verità ho iniziato molto presto, alle scuole elementari, imitando la struttura delle poesie che studiavo. Ho vinto i primi concorsi letterari da bambina e da allora non ho più smesso di scrivere. Il palco arriva a 13 anni: ho frequentato un laboratorio teatrale con Gianpiero Francese, andammo in scena con l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters e poi in diversi luoghi della Basilicata con “Il Grassiere” di Raffaele Nigro, un testo molto evocativo sul brigantaggio in Lucania, ma davvero poco conosciuto. La folgorazione per il teatro fu immediata e intensa: anche da quell’estate del 1997 non ho mai più smesso. Ho studiato con diversi attori e registi, ho lavorato sul gesto e sulla voce, mi sono sperimentata anche con piccole esperienze di regia. Oggi lavoro molto sull’interpretazione: la recitazione è estremamente collegata al testo e alla sua analisi, alla sua comprensione e solo successivamente si arriva all’interpretazione: questo è quanto cerco di insegnare anche ai miei allievi.
Di cosa parlano i tuoi versi? Ci sono temi che ti rappresentano o che ti sono particolarmente cari?
I miei versi sono intrisi d’amore e dei miei luoghi del cuore, la Lucania in primis, con la sua natura prorompente, i suoi castelli, il suo cielo meraviglioso sotto il quale sono nata. Ma soprattutto i sentimenti umani che ho imparato a conoscere indagando. Un critico ha scritto che i miei versi sono “di terra e di amore” e io sono d’accordo.
C’è un tuo verso che più degli altri ti rappresenta? E un verso o una poesia di un altro autore?
Mi prendo il lusso di indicarne quattro miei:
È l’amore che salva,
che fa crescere il buono sui destini,
è l’amore che preserva dal buio
anche solo questa zolla di terra.
In merito alla poesia di un altro autore scelgo La mia bella patria di Scotellaro: un poeta
Io sono un filo d’erba
un filo d’erba che trema.
E la mia Patria è dove l’erba trema.
Un alito può trapiantare
il mio seme lontano.
Ti ho fatto questa domanda perché chi ti conosce sa che la poesia ti nutre quotidianamente; diffonderla e farla amare mi sembra che per te sia quasi una missione.
La poesia, quando la si sceglie (o lei sceglie te!) può essere solo una missione. Sia per chi scrive, sia per chi voglia divulgarla. Mi spiego meglio: la buona poesia è un genere ricercato e di nicchia, per cui quando la si diffonde bisogna essere consapevoli di avere per le mani qualcosa di sacro, che però non è letta e apprezzata quanto dovrebbe. Divulgarla significa dare la possibilità a più persone di conoscere un messaggio, aprire porte sulla Bellezza.
Parlaci della tua Setta dei poeti estinti; mi correggo, non tua, vostra, perché con te c’è pure Emilio Fabio Torsello. Ce lo presenti?
C’è soprattutto Emilio che è l’ideatore e il curatore del progetto letterario, e delle relative pagine social de La setta dei poeti estinti. Il progetto nasce nel 2013, ben prima che io conoscessi Emilio. L’obiettivo della pagina, nata una sera a Roma, dopo la visione del film “L’attimo fuggente” a cui è ispirato il nome, è quello di portare la poesia proprio nei luoghi in cui la gente oggi passa più tempo, ovvero sui social. Quindi portare poesia anche in luoghi virtuali sempre meno “poetici”. Oggi la pagina ha dei numeri enormi per un account di poesia: conta circa 246 mila follower in totale. Organizziamo reading e incontri letterari in tutta Italia e sono serate sempre sold out: questo ci dà speranza nei confronti dell’attenzione verso la cultura.
Perché secondo te oggi la poesia non è più tanto letta?
Lo dicevo prima, perché a differenza di quanto si potrebbe percepire, non è un genere semplice, anzi. C’è bisogno di maggiore attenzione, anche di esercizio, per poter leggere versi.
Tu sei anche una Docente; dai un suggerimento ai giovani, di’ loro perché amare la poesia.
Perché la Poesia apre porte. La poesia è un estratto dell’esperienza letteraria ed esistenziale degli scrittori, ci può insegnare tanto e farci godere della bellezza del suono, del verso, della parola, superando il tempo e lo spazio. Oggi molto del pubblico de La setta dei poeti estinti è composto da ragazzi che amano le citazioni, seguono le numerose dirette che svolgiamo sul web e si incuriosiscono e si innamorano delle parole dei grandi autori. Ed è un gran bel segnale.
E agli adulti cosa diresti?
Direi di provare ad approcciarsi maggiormente alla poesia, a scegliere la sfida di passare più tempo su un testo, probabilmente meno semplice di un romanzo, e a godersi tali “essenze di parole”: saremmo tutti un po’migliori, più appassionati e meno cattivi. Moltissimi adulti amano le nostre letture interpretate di poesia, segno che spesso si ama ascoltare perché si comprende meglio, si ama sentire una voce che declama il verso e ne fa godere il suono, più che leggere in autonomia. Lì capisci che l’uomo che si mette in ascolto è sempre lo stesso dal tempo degli aedi che declamavano versi con la lira
Ora ti saluto, ringraziandoti di essere della nostra squadra. Prima però posso chiederti un dono per i nostri lettori? Ci regali una tua poesia letta solo per Sineresi?
Grazie a voi! Sono lieta di essere nel team di Sineresi sin dall’inizio di questa splendida avventura.
Vi leggerò una poesia tratta dal mio nuovo libro in uscita in autunno. A presto.
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