Articolo di Vito Santarsiero estratto dalla rivista Sineresi n.1
Il progressivo mutamento del concetto di cultura da mero pro-cesso di formazione e apprendimento a fattore base di una nuova economia e, soprattutto, a elemento fondante una nuova condizione dello stato sociale per la sua capacità di incidere profondamente e positivamente sullo spirito umano e sui processi di crescita di una comunità, ha portato ad un dato nuovo, quello di dover considerare in maniera profondamente diversa rispetto al passato tanto le azioni di tutela, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico e artistico, tanto le azioni tese alla ideazione, produzione e sostegno delle attività culturali.
Tali azioni vanno infatti sempre più considerate una fondamentale risorsa per attivare e alimentare processi nuovi di crescita di una comunità. Sempre più l’investimento culturale viene valutato in maniera ben diversa rispetto al passato quando gli economisti, da Adam Smith a David Ricardo, consideravano le attività culturali come attività non produttive, opera che “svanisce nel momento stesso in cui viene prodotta”, sino al punto che oggi non è più possibile analizzare i territori senza considerare i loro investimenti in cultura.
Tali investimenti non incidono solo sui processi socio-economici ma anche, ed è il nostro tema, sul territorio e sul suo paesaggio fino a dover spostare la riflessione dall’architettura e dall’urbanistica come produzione di manufatti, all’architettura e all’urbanistica come espressione di una nuova coscienza civile e culturale.
Non è l’affermarsi di un nuovo stile, quanto invece una forma di trasformazione del territorio e del suo paesaggio, conseguenza di un nuovo modo di intendere i processi di evoluzione e crescita della società, che comincia ad imporsi rispetto a vecchi modelli deteriori e superati.Tale trasformazione assume inevitabilmente aspetti molteplici e variegati la cui connessione agli investimenti in cultura è difficile da cogliere in maniera diretta ed esplicita perché ancorata, fondamentalmente, al maturare di una nuova sensibilità e di nuove esigenze collettive.
Vi sono però situazioni in cui i processi di mutamento del territorio e del paesaggio sono tanto significativi quanto direttamente relazionati all’investimento culturale. Sono i casi del recupero di beni storici, quelli della nascita di nuovi contenitori culturali e quelli della conversione di aree dismesse e vecchi siti in strutture artistiche e luoghi di attività culturali. Meritano di essere citati alcuni casi che assumono un valore simbolico molto forte.
Il complesso architettonico e paesaggistico della Venaria Reale, imponente residenza sabauda nei pressi di Torino, abbandonata per oltre un secolo sino agli anni ‘60 è stato dichiarato nel 1997 Patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Da sito abbandonato e in degrado diviene sito oggetto di un grandioso restauro urbanistico che ha interessato un intero territorio comprendente la Reggia, il Centro Storico di Venaria, la sua viabilità, il borgo castello della Mandria con il suo parco, 30 cascine, ville interne, terreni abbandonati riqualificati per 250000 mq di aree incolte ritrasformate in giardini nel rispetto dei progetti originari. Un recupero costato 280 milioni di euro che ha trasformato un intero territorio e fatto della Reggia di Venaria Reale un sito turistico visitato ogni anno da circa un milione di persone, quinto sito museale italiano più frequentato.
I Sassi di Matera, patrimonio Unesco dal 1993, “paesaggio culturale “ unico al mondo, devono il loro straordinario fascino e la loro forza d’impatto al grande intuito di investire in un costante e progressivo progetto di recupero e salvaguardia avviato nel 1986 che ha interessato ogni angolo ed ogni elemento dell’intero insediamento urbano figlio delle pro- gressive forme di antropizzazione succedutesi nel tempo, esteso per 370.000 mq e collocato nel calcare della gravina. Oggi Matera ha ricevuto il significativo riconoscimento di Capitale Europea della Cultura per l’anno 2019. Sono questi due casi in cui l’azione di recupero e salvaguardia incide sul paesaggio conservandolo e modificandolo al tempo stesso, oltre che confermarsi nuovo e possente fattore di sviluppo socio-economico.
Il desiderio di frenare il declino e rilanciare il ruolo di Parigi sulla scena artistica e culturale mondiale hanno portato alla realizzazione del Centro Nazionale di arte e cultura George Pompidou, istituzione culturale multidisciplinare inaugurata nel 1972. Un grande edificio di forte impatto visivo che “ha rovesciato l’architettura mondiale”, come ha scritto nel 2007 il New York Times, divenuto una delle immagini simbolo di Parigi. Il Centro, visitato da circa 4 milioni di persone l’anno, ospita 70.000 opere d’arte, 350.000 libri e migliaia tra lm, riviste, fotografie ed altro ancora.
L’auditorium Parco della Musica, complesso multifunzionale inaugurato a Roma nel 2002 e realizzato per ospitare eventi musicali e culturali di vario genere, ha radicalmente trasformato uno spazio urbano di 55.000 mq nel quartiere Flaminio. Rappresenta oggi una delle immagini della Roma moderna e nel 2012 ha ospitato centinaia di eventi per un totale di un milione di visitatori.
Sono questi altri due esempi di come invece nuovi investimenti culturali incidono anch’essi profondamente sul paesaggio urbano e sull’economia territoriale. Una incidenza, almeno quella paesaggistica, pari a quella già avvenuta nel passato con la realizzazione di grandi Istituzioni Culturali, dai musei ai teatri, che hanno segnato profondamente gli ambienti urbani. Cosa sarebbe Piazza Scala a Milano senza l’omonimo Teatro o il centro di Bari senza il Petruzzelli o tanti spazi di Roma senza i loro Musei e Gallerie d’Arte?
La riconversione di aree dismesse, soprattutto vecchi siti industriali, in luoghi dedicati alla cultura e a spazi collettivi rappresenta non solo uno strumento per evitare forme di degrado urbano ma anche un’azione innovativa per contribuire allo sviluppo e migliorare la qualità della vita.
Baltimora, Nottingham, Birmingham rappresentano esempi di città che attraverso una precisa strategia di investimento culturale hanno restaurato e recuperato vecchi patrimoni industriali aprendo nuove stagioni di sviluppo locale. In Italia meritano di essere citati il caso della Città della Scienza di Napoli, nata nella ex area industriale di Bagnoli su un’area di circa 7 ettari interamente riqualificata che oggi si caratterizza per una nuova immagine offerta al territorio e per la presenza di 500.000 visitatori l’anno, ed il MUSE a Trento, un polo museale innovativo visitato anch’esso da oltre 500.000 visitatori l’anno, nato nell’area dismessa ex Michelin, che con le sue dimensioni (130x35x18,5mt) e le sue grandi superfici di vetro e acciaio si immerge e caratterizza il paesaggio urbano e naturale del contesto.
Una considerazione per concludere: se vi è dunque una relazione diretta tra cultura e ambiente e tra cultura e paesaggio, occorre essere anche consapevoli che laddove si spengono le comunità e le loro identità, come spesso accade nei piccoli paesi delle nostre aree interne, si spengono anche i territori e i loro paesaggi. Salvaguardare le identità locali è anche salvaguardare territorio e paesaggio.